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L’OPERA ITALIANA

In questa rubrica ho avuto modo di parlare delle origini dell’Opera italiana con Claudio Monteverdi, adesso vorrei concludere il percorso musicale fino all’epoca moderna. 

L’essere umano ha sempre espresso la forza delle sue emozioni attraverso il suono e il ritmo. Già la lingua sconosciuta di un paese diventa melodia se l’ascoltiamo liberi dalla forzatura della ragione. La musica esprime il desiderio di innalzarsi verso una sfera più alta per afferrare il ritmo del cuore, la pulsazione dell’universo, per liberarsi dell’ansia esistenziale e trovare il respiro della libertà. “Il ritmo è il galateo della musica, dice Alberto Savinio, è la base della musica italiana, che di tutte è la più viva, la più umana, la più civile”.

 

La tecnologia ha moltiplicato esponenzialmente l’ascolto e non ci sorprendiamo più nel vedere i giovani di oggi con gli auricolari, i cellulari all’orecchio, le radio accese a gran volume. Purtroppo la nobile arte della musica si è fatta rumore e frasi incomprensibili, brevi composizioni “usa-e-getta”, ritmo infernale di tamburi assordanti… Il rumore è elemento necessario alla vita dell’uomo?

 

Come è avvenuta tale distorsione? La tecnologia ha contribuito alla diffusione di questa forma musicale che addormenta i sensi e crea un paradiso artificiale dove tutto è più accettabile.

 

“Eravamo abituati da secoli a considerare l’arte, soprattutto la musica, come una sicura ascensione dal terrestre al celeste”, dice Massimo Bontempelli in un discorso su Giuseppe Verdi al teatro La Fenice.

 

Come si è arrivati a tanta straordinaria eccellenza? Ripercorriamo brevemente il percorso. Tra tutte le arti, la musica operistica è arrivata con grande ritardo. Infatti i primi compositori geniali che intrapresero a musicare libretti con storie di eroi del passato apparvero nel Seicento con Monteverdi e Frescobaldi, mentre la poesia si era sviluppata nel trecento, la pittura nel quattrocento. La musica riservata alle corti dei ricchi diventò accessibile a tutti nei teatri che si moltiplicarono rapidamente. Il melodramma che aveva dominato la scena musicale fino ad allora, si trasforma in teatro popolare fatto di storie comuni, di inganni e tradimenti, di amori e di odio. “Shakespeare non ha imparato dalla tragedia greca, ma dalle mediocri esperienze popolari, Dante apprese da oscuri visionisti più che da Virgilio, Molière e Goldoni dalla commedia improvvisa, non da Plauto né dal Cinquecento.” (Bontempelli).

 

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Fino a Palestrina, Scarlatti e il primo Rossini c’era stato un tentativo di superare le difficoltà della vita con la contemplazione o con la visione di una realtà astratta; con l’arrivo del Barocco si sviluppa l’immaginazione, il terreno contrapposto al celeste e l’opera diventa anche l’espressione della disperazione.

 

La nuova arte italiana si spande in Francia, in Inghilterra, in Germania e in Spagna. Tutta l’Europa subisce l’influenza della nuova espressione musicale, mentre l’opera napolitana si sviluppa all’insegna del Bel Canto e della virtuosità pura. Nascono l’opera seria, l’opera buffa e l’opera comica. L’opera buffa è tutta cantata e trae spunto da personaggi reali: artigiani, borghesi, lavoratori comuni. Menzioniamo Giovanni Battista Pergolesi (La serva padrona), Giovanni Paisiello, Domenica Cimarosa.

 

Tutti i grandi compositori dell’epoca si sono ispirati all’opera italiana, da Mozart a Handel, da Purcell a Gluck e Haydn.

Nel XIX secolo il Romanticismo esplose con Gioacchino Rossini che seguì l’esempio di Mozart unendo l’opera seria all’opera buffa (Il barbiere di Siviglia). Seguirono Donizzetti (Anna Bolena, Lucia di Lammermoor, La figlia del reggimento) e Vincenzo Bellini (La sonnambula, Norma, I puritani). Più tardi, la scena musicale italiana fu dominata da Giuseppe Verdi (La traviata, I vespri siciliani, Otello, Aida, Falstaff, Nabucco, Rigoletto, Il trovatore).

Dopo il successo di Verdi solo in pochi riuscirono a competere con i compositori stranieri: Amilcare Ponchielli (La Gioconda), Pietro Mascagni (La cavalleria rusticana), Ruggero Leoncavallo (I pagliacci). Ma il più importante fu Giacomo Puccini che esordì con Manon Lescaut e consolidò la sua reputazione con La Bohème, Tosca, Madame Butterfly, Turandot…

 

A causa dello spazio concesso, ho potuto menzionare solo le opere più conosciute, ma i nostri maestri hanno lasciato molte altre composizioni degne di essere poste nell’olimpo della musica, capolavori che resistono al passaggio dei secoli e resteranno per sempre a testimoniare la creatività del Genio Italiano.

 

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