Studenti-ulissi
La maggior parte degli studenti saluta la fine di quest’anno scolastico ritrovando il piacere di sfoggiare un sorriso non più in clausura antipandemica.
La maggior parte degli studenti saluta la fine di quest’anno scolastico ritrovando il piacere di sfoggiare un sorriso non più in clausura antipandemica.
Am: non c’è radice linguistica più affascinante e misteriosa di quella da cui deriverebbe l’Amore, un sentimento i cui confini sono, da sempre, stati oggetto di riflessione filosofica e psicologica.
Una delle parole più in voga in queste settimane sui media sociali è “escalation”. Nessuna meraviglia, beninteso: la nostra bella lingua si piega, ancora una volta, al fascino di utilizzare un termine inglese per evocare l’idea di un fenomeno che si intensifica, che si aggrava e può diventare ancora più pericoloso.
Difficile di questi tempi, almeno per quanto mi riguarda, immaginarsi impegnati nella creazione artistica. L’idea di starmene con un plettro tra le dita ad incastrare melodie ed accordi, come anche quella di riversare su un foglio bianco parole che abbiano una qualche funzione poetica, mi suona inopportuna, se non sacrilega.
Tutti sanno che la matematica si è spinta ad analizzare, oltre che numeri e spazi, anche certi aspetti dell’agire umano, individuando delle strutture che sono alla base di alcune nostre decisioni nella vita di tutti i giorni. Einstein usava dire che la vita, in fondo, non è che un gioco.
Che cos’è l’Amore? Una domanda che, nel corso della storia dell’umanità, ha affascinato artisti, poeti, filosofi, scienziati, così come anche la riflessione della gente comune.
Facciamo un esperimento. Accendiamo la televisione. Non è improbabile trovarci davanti alla pubblicità di un nuovo tipo di hamburger vegano, cui potrebbe seguire, quasi senza soluzione di continuità, l’immagine di un bimbo esanime e insanguinato tra le braccia della madre che gli consacra un intempestivo e ultimo sguardo
Sartre diceva che la Morte si vede solo nell’Altro. Eppure, mai come di questi tempi, abbiamo sentito anche sulla nostra pelle la concretezza del morire. Mai, come di questi tempi, siamo ritornati a considerarci non ‘’i viventi’’, bensì quelli che i Greci definivano ‘’brotoi’’, cioè ‘’i mortali’’. Solo gli esseri umani, infatti, hanno la coscienza del morire. E nella fragilità del tempo attuale, la consapevolezza del nostro essere di passaggio ci avrà forse indotti a scoprire la differenza tra “momento’’, ‘’attimo’’ e ‘’istante’’.
L’invasione russa dell’Ucraina ci pone drammaticamente, e ancora una volta, davanti al dilemma del porcospino, un’immagine che servì al filosofo Arthur Schopenhauer per rappresentare la paradossalità della nostra esistenza: un’umanità aculeata che, sì, cerca il contatto fisico con l’altro al fine di trovare tepore davanti alle intemperie della vita, ma che non riesce inevitabilmente a non ferirsi con i pungiglioni del prossimo.
Una quercia e un giunco in inverno. Due destini contrapposti davanti all’algido adagiarsi su di loro della neve. La quercia tradirà il mito della sua robustezza, spezzandosi nei rami sotto il peso della candida coltre.