(Adnkronos) – “Ragionevole, ma incompleta”. Così definisce la manovra oggi il presidente di Confindustria Carlo Bonomi in audizione presso la Commissione Bilancio di Camera e Senato. “Di fronte a un indebolimento generale del quadro economico, Confindustria auspicava che le linee di intervento in questa legge di bilancio fossero due: da una parte supportare il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto di quelle a basso reddito, e dall’altro sostenere la competività delle imprese. Io ho definito questa legge di bilancio ragionevole perché concentra le poche risorse disponibili sul taglio del cuneo. Ma la riteniamo anche incompleta vista la sostanziale assenza di misure a sostegno degli investimenti privati e di una strategia finalizzata alla crescita e alla competitività. Secondo noi l’errore della mancanza di investimenti non è un torto alle imprese, ma indebolisce strutturalmente la scelta della legge di bilancio, la sua lettura e la valutazione da parte dei mercati”.
“Su 30 miliardi di misure espansive della manovra quasi il 55% è dedicato ai lavoratori e solo il 9,4% alle imprese” sottolinea. “Se poi consideriamo anche la delega fiscale siamo davanti a una rarissima occasione in cui una Manovra espansiva toglie soldi al sistema produttivo. Sostanzialmente siamo in negativo di un miliardo. Risultano assenti importanti capitoli per lo sviluppo, a partire degli investimenti in ricerca e sviluppo ma soprattutto non c’è traccia del famoso Piano industria 5.0. Questo ci preoccupa molto perché viene tutto rimandato al Pnrr, ma non sappiamo i tempi, perché la revisione non dipende solo noi. Se noi vogliamo misure di industria 5.0 non possiamo aspettare troppo tempo o la decisione europea perché oggi è in gioco la competitività del Paese”. “Questa legge di bilancio prevede di spostare in avanti la riduzione del deficit pubblico sotto il 3% e di scendere sotto il 140% del rapporto debito-Pil solo al 2026 e tutto ciò avverrà in un momento in cui non conosciamo ancora i termini del nuovo Patto di stabilità e nemmeno i termini del prossimo regime di deroga agli aiuti di Stato. Ergo sarebbe più comprensibile se la decisione politica di diluire l’abbattimento del deficit e del debito avvenisse non solo in presenza di misure a sostegno delle famiglie ma di un consistente innalzamento del Pil potenziale, cioè degli investimenti privati”.
Di fronte alla competizione di altri Paesi, come la Cina, “rimane fondamentale per noi la filosofia di puntare sulla crescita. Delle due l’una: o la spingiamo puntando sugli investimenti delle imprese, oppure anno su anno dovremo fare i conti con risorse sempre più esigue e tassi di crescita dello zero virgola”. “Non è quindi per noi più rinviabile arrivare a un percorso favorevole alla crescita e aumentare la produttività. Questa è la questione chiave che non c’è e non ravvisiamo in questa legge di bilancio. Per questo è fondamentale introdurre quanto prima possibile interventi di stimolo alla crescita, cioè interventi dal lato offerta. Perché questa legge è tutta basata sul lato della domanda”.
“Visto che è stato tolto l’Ace da 4,7 miliardi, plastic e sugar tax si potevano anche cancellare. Era il momento buono”. Il rinvio al 30 giugno “mi colpisce” aggiunge Carlo Bonomi.
“A me non interessa l’Ires minore se assumo, perché in questo momento non abbiamo problemi di occupazione, anzi abbiamo mancanza di profili. Mancano 800mila profili” aggiunge. “Sono risorse che si possono prendere e mettere su Industria 5.0 e investimenti”, ha spiegato Bonomi” che sugli incentivi alle assunzioni dichiara che “prendere i soldi pubblici per fare il mio mestiere non mi piace”.
“Spero che nella revisione del Pnrr venga mantenuto il 40% al Mezzogiorno. Cosa che oggi non è garantita perché cambiando gli obiettivi può darsi che quello della territorialità venga meno” fa notare il numero uno di viale dell’Astronomia.
A proposito di energia, Bonomi ha fatto notare che bisogna “rendersi energeticamente indipendenti”. In tema di transizioni, “non è pensabile che ci sia una politica europea dogmatica, visto che l’Europa emette solo l’8% delle emissioni climalteranti”. Peraltro, conclude, “alla Cop di Glasgow Cina e India hanno detto che andranno avanti almeno fino il 2035 con le centrali a carbone”.