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Il male assoluto | Un cadavere mantenuto in vita

Va di moda, oggi, attribuire la causa di ogni male al tumore fascista: “islamo-fascismo”, “sionismo fascista”, “fascismo putinista”, “fascismo ucraino”, “fascismo di Biden”, “fascismo di Trump”, ecc. La lista è lunga. Abbiamo anche il “fascismo meloniano”.

La diagnosi che tira in ballo il fascismo spiega ogni patologia. Io suggerirei di applicare questa diagnosi all’intera storia dell’umanità, dalla preistoria ad oggi, visto che il fascismo italiano, durato solo vent’anni, riesce a spiegare tutto.

 

“La fatidica data del 25 aprile ripropone agli italiani l’eterno fascismo, morto e sepolto quasi un secolo fa, ma che continua miracolosamente a vivere grazie all’antifascismo”. Questa mia frase contiene un errore: l’antifascismo è attivo non solo il 25 aprile, ma 365 giorni all’anno. E così, ciò che resta del cadavere del fascismo, un mucchietto di ossa rinsecchite, viene continuamente tirato fuori dalla fossa.

 

Il presunto sempre “vivo” fascismo è in realtà un ectoplasma da seduta spiritica. Esiste invece l’eterna “deteriore italianità” di cui diedero prova anche i fascisti, ma non tutti (Gentile, Pirandello, Barzini, Treccani, Beneduce, Mascagni, Marconi…) e di cui danno prova tutti coloro che, autonominatisi vestali del “bene assoluto”, lanciano ex cathedra, agli inesistenti fascisti di oggi, l’accusa di fascismo.

 

I vigili custodi dell’ortodossia dottrinaria, con in primo piano i discendenti di un popolo di ex camicie nere, tradizionalmente sempre pronto a salire sul carro dei vincitori, oggi vedono in ogni sentimento patriottico di quel tempo – espresso, si badi bene, anche prima che la tragedia dell’entrata in guerra dilaniasse e direi frantumasse per sempre l’Italia – il marchio del nazifascismo.

 

Parlerò degli emigrati perché anch’io sono un emigrato. Gli emigrati di quel tempo vengono oggi condannati per aver creduto nell’Italia di allora. In realtà, tanti espatriati non potevano che dichiararsi orgogliosi di un’Italia che sembrava dare finalmente dignità ai suoi “macaroni”, “spaghetti”, “waps”, ecc. come allora le razze superiori chiamavano gli immigrati italiani. Un’Italia che si era affermata attraverso imprese non da poco.

 

 

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Ecco cosa un italo-americano, internato durante la guerra con Mario Duliani, qui in Canada, dice di quest’Italia che inorgogliva gli italiani all’estero: “La trasvolata di Balbo finì coll’ubriacare tutti. Perché negarlo? Già l’intravedevamo più grande, più forte, più rispettata questa nostra vecchia Italia, sì micragnosa un tempo, che ci stava nel cuore come un’indimenticabile madre…”

 

Ma oggi è tutto uno sbeffeggiare, quando non è addirittura un demonizzare i sentimenti di sofferta italianità degli emigrati di quel tempo, desiderosi di rispetto per la propria dignità individuale e collettiva. Basti vedere i sarcasmi che ancora oggi certi ricercatori riservano loro. L’erezione di una statua (1931) all’illustre navigatore-esploratore Caboto, opera dello scultore Casini, è vista oggi dallo studioso Gerardo Acerenza (Polish Journal of Canadian Studies/Revue Polonaise d’Études Canadiennes – Poznan 2017) come una strategia attuata dai dirigenti consolari e dai simpatizzanti dei Fasci per alimentare un sentimento d’orgoglio nazionale. Sentimento riprovevole, immagino.

 

“Per i membri di questa prima organizzazione fascista [Ordine dei figli d’Italia] e per i dirigenti consolari italiani di Montréal, non era Jacques Cartier che avrebbe scoperto il Canada ma il veneziano Jean Cabot che avrebbe navigato (…)”, annota con tono derisivo lo studioso Gerardo Acerenza, per il quale gli onori resi dagli espatriati italiani a Caboto sono un “tentativo di revisione storica”. La stessa Casa d’Italia, sempre secondo Acerenza, fu costruita “per ben impiantare il mito di Mussolini a Montréal”. Affermazioni non solo stupide, ma vergognose.  Degne di un professionista di questo “antifascismo a babbo morto”. Enrico Mattei, antifascista, ebbe modo nel dopoguerra di criticare “il sottofondo fascista e parafascista, che sonnecchia, inconsapevolmente nell’animo di molti italiani”, antifascisti inclusi. Questa sua diagnosi spiega tante cose.

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