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Ma torniamo alle cose serie…

È iniziato il Mondiale di calcio e quasi quasi non me n’ero accorto. Per la prima volta, invece, dopo tanti anni, penso al Natale. E speriamo che sia uno dei migliori. In queste settimane ho anche pensato alla guerra in Ucraina e mi sono detto che sarebbe bello se, per Natale, la guerra finisse o che ci fosse almeno un barlume di inizio di trattative. Penso al Natale e non alla politica italiana. Destra o sinistra è sempre la stessa zolfa e penso che stiamo toccando il fondo. In questo governo, per il momento, salverei solo il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

 

Perso nei miei pensieri, mi hanno riportato alla realtà e al Mondiale di calcio alcune telefonate dal Canada di amici canadesi che volevano sfottermi un po’ perché, in que-sto Mondiale, l’Italia non c’è e quindi niente sfilate nella Piccola Italia, a St. Leonard o a Riviere des Prairies, ma, visto che questo Mondiale lo seguiremo, il nostro cuore dovrà per forza battere per qualcuno. Ed anche se le favorite sono sempre le stesse, Germania, Francia, Brasile e Argentina… tiferemo per il Canada, con la speranza che sia la rivelazione di questo torneo o almeno che vada il più lontano possibile.

 

Ma torniamo alle cose serie…

 Vi invito a riflettere su questa lettera inviata da un lettore di Repubblica. Questo giornale pubblica ogni venerdì un inserto, il Venerdì, che purtroppo in Canada, quando una volta arrivavano i giornali italiani, non era incluso. È una rivista interessante che vi invito a leggere se riuscite a trovarla su internet. In questa rivista, il giornalista e scrittore Michele Serra, che forse avrete visto nel programma ‘Che tempo che fa’,  cura una rubrica intitolata “Per posta”, nella quale risponde alle lettere dei lettori. Mi ha colpito questa settimana la lettera inviata dal sig. Leonardo Ferrante, emigrato a Londra giovanissimo e tornato in Italia 15 anni fa.

 

Ecco cosa scrive: “Caro Michele, posso darti del tu visto che tra pochi mesi avrò 80 anni. Ho vissuto la mia vita lavorativa a Londra, per 42 anni, dove mi trasformai in fotografo da perito minerario che ero, senza che le autorità inglesi facessero una piega; bastava che trovassi clienti e pagassi le tasse. Sono tornato in Italia 15 anni fa e, durante questo tempo, ho imparato ad odiare questo Paese, dove nulla funziona come dovrebbe. Le autorità non rispondono alle email, a Londra rispondevan entro poche ore. Il mio commercialista fece un errore, l’Ufficio delle tasse rispose nel giro di due settimane, rimborsando la cifra in più che avevo pagato. Qui ci hanno messo tre anni per restituirmi 250 euro. In Italia ci siamo costruiti una casa il cui preventivo è lievi-tato fino al punto di dovermi caricare un mutuo di oltre centomila euro. È un vero peccato che questo magnifico Paese sia popolato da gente che non se lo merita e fa di tutto per non ottemperare alle leggi, con una classe politica chiaramente inadeguata. Mi manca tanto Londra’’. Come ha intitolato la risposta Michele Serra? Sopravvivere in un Paese anormale. E io che vivo qui da ormai 17 anni, ho perso le speranze.

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