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Governo Meloni, ministro dell’Economia: in 20 anni solo 2 politici

(Adnkronos) – Negli ultimi dieci anni i ministri dell’Economia sono stati tecnici in sei casi su sette. L’unica eccezione rispetto alla lista di indipendenti (Mario Monti, Vittorio Grilli, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, successivamente eletto con il Pd, Giovanni Tria e Daniele Franco) è stato Roberto Gualtieri, alla guida del Tesoro con il governo Conte II. Andando più indietro, e considerando gli ultimi 20 anni, alla lista si aggiungono per i politici Giulio Tremonti e per i tecnici Domenico Siniscalco e Tommaso Padoa-Schioppa. Diventano due politici e otto indipendenti in 20 anni.  

I numeri aiutano a capire quanto la politica abbia scelto, o sia stata costretta dalle circostanze a scegliere, di affidarsi per la guida del ministero di Via XX Settembre a competenze esterne ai partiti. Quasi sempre, chi si è seduto sulla scrivania di Quintino Sella ha dovuto gestire la dialettica continua, spesso sfociata in conflitto aperto, tra le istanze della maggioranza politica di turno e le esigenze dei conti pubblici. Con alcune costanti che si sono trascinate nel tempo. Su tutte, il debito pubblico sempre troppo alto e la difficoltà a tenere sotto controllo la spesa pubblica. 

Oggi, il nuovo governo a guida Giorgia Meloni è di fronte a un bivio. Puntare ancora su un tecnico, anche se è difficile da trovare con i requisiti giusti, o affidarsi al profilo tutto politico di Giancarlo Giorgetti. La scelta non incide solo sugli equilibri complessivi del governo e della maggioranza ma anche sulle modalità e il flusso del lavoro all’interno del Mef. Parlando con chi ha vissuto e gestito diversi avvicendamenti in posizioni apicali, si percepisce l’attesa per una decisione che sposta molto anche in termini di lavoro ‘quotidiano’.  

Ogni ministro ha la sua personalità e la sua impostazione ma ci sono dei tratti che possono essere attribuiti a una figura tecnica e altri a una figura politica. In linea generale, si racconta nei corridoi di Via XX Settembre, è più frequente che un politico trasmetta agli uffici un indirizzo più delineato, presupponendo che abbia già metabolizzato la fase dialettica con la maggioranza prima di ricorrere ai ‘suoi’ tecnici. Al contrario, è accaduto spesso che una figura indipendente abbia richiesto più lavoro preparatorio, su diverse opzioni, per gestire il confronto politico che avviene all’esterno del ministero e spesso con la mediazione della Presidenza del Consiglio. Sintetizzando, da una parte un Tesoro più esecutore, dall’altra un Tesoro più propositivo.  

La differenza sostanziale che si evidenzia però è il livello di autonomia, sia rispetto a Palazzo Chigi sia rispetto alle pressioni della maggioranza di governo. E, chiaramente, è una variabile che dipende dalle competenze e dall’autorevolezza dei singoli ministri, dalla forza e dal peso politico del premier e dai rapporti tra ministro e premier. Più che dall’estrazione tecnica o politica. (di Fabio Insenga)  

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