Italia, i morti sul lavoro
A Firenze, in un cantiere, è crollata un’enorme struttura edile causando la morte di 5 operai. Gli incidenti sul lavoro sono veramente troppo numerosi in Italia. Cosa posso dire io, dal Canada, se non esprimere pietà per le vittime di questi luttuosi eventi che si succedono ad un ritmo incalzante? Posso comunque mettere in rilievo le scontate reazioni che questi incidenti suscitano nel Bel Paese, ma che in genere non conducono a nulla.
Ogni volta si suggeriscono nuove regole che si aggiungeranno al ginepraio delle regole, molto complicate, già esistenti, con l’inasprimento – misura classica all’italiana – delle pene. Si propone un nuovo aumento del numero degli ispettori, il che servirà a ben poco se questi controllori non controlleranno. Si parla anche di subappalti non a norma, di lavoro nero, d’immigrazione illegale, di caporalato, e via continuando.
Nella penisola, lo sappiamo tutti, il non rispetto delle norme è un po’ la norma generale. Con una simile mentalità non ci si dovrebbe stupire se gli incidenti sul lavoro sono così frequenti. In certi casi sono gli stessi lavoratori a non rispettare le norme di sicurezza; per fatalismo, individualismo, indisciplina. L’agricoltore, ad esempio, che rimane vittima del suo trattore agricolo, a causa di un dislivello nel terreno e a un errore di manovra, è un caso particolare. E non mancano i casi simili a questo. Si fa subito, invece, di tutt’erba un fascio, ossia si fa dei vari incidenti sul lavoro un tutto indifferenziato.
L’immancabile reazione italiana, in caso di gravi infortuni sul lavoro, è il solito “parlare per parlare”, ossia il polemizzare allargando il discorso e facendo di tutt’erba un fascio. Non esistono tempi morti nel flusso continuo di notizie suscitanti scandalo, allarme, e discussioni tra gli italiani, e che rinfocolano l’odio ideologico esistente tra i campi politici avversari. E così, dopo qualche giorno, si passerà ad altro. Sarà un nuovo femminicidio, un altro episodio di cronaca nera, oppure la morte di un giocatore o di un altro personaggio celebre, oppure sarà un’inondazione, o invece la siccità, a fornire lo “scottante” tema su cui i giornali e nei talk show i politici, gli opinionisti e i tuttologi si precipiteranno con le loro astiose polemiche.
Quello dell’allargamento del discorso è un riflesso tipico italiano, ed è il contrario di una reazione pragmatica, realistica, concreta, che s’imporrebbe in materia di incidenti sul lavoro e che consisterebbe nel far parlare i veri specialisti, al fine di individuare le cause dell’incidente in questione. Per poi risalire a monte nella catena delle responsabilità. Invece si reagisce con un immediato sciopero, ben prima di sapere chi o cosa sia la causa dell’incidente.
Questa ultima grave tragedia di Firenze fornisce all’opposizione e ai sindacati le munizioni per accusare di ogni male il governo. Un governo nemico dei lavoratori e dei cittadini tutti, che bisognerebbe mandare a casa, perché pericoloso per il paese.
“Mandiamoli a casa!” è il grido di guerra dell’opposizione. Identico grido veniva lanciato ieri contro quelli dell’opposizione di oggi, i quali si trovavano ieri al governo. È sempre “Un mandiamoli a casa!”, tanto che l’elettore potrebbe provare il desiderio di mandare a casa sia il governo sia l’opposizione.
Nella democrazia italiana impera la logica della partita di calcio, dove ciò che conta è sconfiggere il nemico: la squadra avversaria. Per molti, il resto, ossia l’Italia, conta poco. Una strana democrazia quella della penisola, anche se è basata sulla sconfitta del “male assoluto” e sulla “Costituzione più bella del mondo”…