Si riapre il caso Pasolini
Dai giornali: “Pier Paolo Pasolini, a 50 anni dal suo delitto si riapre il caso”. Basta seguire i quotidiani e i programmi televisivi della penisola per rendersi conto della strana maniera in cui lì trattano gli avvenimenti di politica e di cronaca. Nel grande villaggio Italia, la TV svolge su scala nazionale la funzione che hanno il bar e il salone da barbiere: luogo di sfogo per concitate polemiche, vere risse verbali.
I politici della Casta sono presenti quotidianamente nei talk show italiani: sorta di “spaghetti western” della polemica urlata con gettoni di presenza. E insieme ai politici, gli intellettuali, i giornalisti, gli esperti, gli opinionisti si gargarizzano insultandosi e parlando tutti insieme. Il conduttore aizza abilmente i partecipanti: “Lei è d’accordo con quanto è stato appena detto?”
Il tema Ucraina oggi impazza. Ma i fatti scatenanti l’orgia parolaia sono i più disparati. Si discute dell’abolizione delle guerre, della frase malaccorta pronunciata da un politico… Si discute su tutto. A mobilitare le forze vive della Nazione e le loro ugole vi è poi l’eterno Fascismo.
Sugli argomenti si ritorna all’infinito come in un bolero di Ravel, perché nella penisola vige una nozione africana del tempo: tutto ritorna, nulla finisce. Nel paese che ha inventato l’opera lirica con gli “armiamoci e partite”, tutti vogliono salire su scena per portare avanti il discorso. Un discorso spesso urlato.
“È una vergogna!”, “Stanno distruggendo l’Italia”, “Mandiamoli a casa!” è il grido dei politici d’opposizione contro il governo. Chiunque stia al governo…
E dopo tante chiacchiere, pensate che i problemi verranno risolti? Ad esempio l’emergenza rifiuti? No, il risultato non interessa più di tanto. Interessa aver ragione. Questa strana mentalità spiega anche la ricorrente messa in scena dell’inasprimento delle pene: il potere intende risolvere questo o quel problema attraverso l’“inasprimento delle pene”. Ma, nonostante l’ennesimo giro di vite, illegalità e abusivismi continuano a causa della mancanza di verifiche e controlli.
Sugli italiani ha facile gioco il “voodoo” dei dietrologi. Gran cultori della furbizia, i nostri connazionali non accettano l’evidenza dei fatti preferendo credere all’azione diabolica di fantomatici registi (vedi il delitto Pasolini) che tirerebbero i fili dell’intricata trama di certi misteriosi fatti nazionali.
Pur essendo un semplice spettatore di questa rissa quotidiana, Pantalone, seduto in poltrona, si sente partecipe della cosa. Come? Prendendo partito per l’uno o per l’altro degli attori su scena.
Non è solo la politica a suscitare un mare di chiacchiere. Nella penisola, l’interesse per i fatti di cronaca nera è addirittura morboso. Gli omicidi, se misteriosi, assurgono a eventi nazionali. Su cui ognuno intende dire la sua. E giornalisti, esperti, tuttologi e intrattenitori propongono liberamente in Tv il colpevole. Su certi delitti si ritorna “ad infinitum”. È il caso dell’omicidio del grande Pasolini, il nostro nuovo D’Annunzio; non spregevole donnaiolo però come il Vate di Pescara, bensì omosessuale virtuoso.
Sono passati cinquant’anni, abbiamo avuto un reo confesso, ma non basta per i polemisti di questo enorme salone da barbiere, pronti a scendere in campo per indicarci il vero colpevole.