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Un amico… speciale

Cronaca di fine estate e delle vacanze. Per nostra fortuna ci va anche la politica. Prima, però, ci siamo goduti gli Europei che ci hanno dato poca soddisfazione, le Olimpiadi che ci hanno fatto sognare e ora ci concentriamo, dimenticando i problemi del nostro paese, sul campionato italiano che ha preso il via sabato scorso.

 

In una delle tante riflessioni tra me e me questa mattina (lunedì), ho pensato che qui dovrebbe essere sempre domenica o il mese di agosto. Non è cambiato nulla e, almeno per due settimane, ad agosto bisogna andare in vacanza. Con i tempi che corrono, molti hanno riscoperto il paesello dei nonni o dei genitori e i borghi del sud, come li chiamano ora, sono tornati a vivere. Per quindici giorni.

 

Come ormai faccio da alcuni anni, agosto lo trascorro al mio paese che, grazie alla Pro Loco, organizza un programma di eventi molto interessante, un mix di vecchie tradizioni e innovazioni. Difficile per uno che ha una certa età come me seguire tutte le attività. E la sera, se si esce, non si sa mai a che ora si ritorna a casa. Quest’anno, più che in passato, mi ha colpito la folla che ha seguito i vari appuntamenti. Era non solo più numerosa del solito, ma parlava una miriade di lingue diverse perché i più giovani erano quasi tutti nati all’estero: dalla Francia al Belgio, dalla Germania alla Svizzera e dalla Polonia al Canada (Montréal e Toronto).

 

Molti, da piccoli, avevano visitato il paese dei loro nonni o dei loro genitori, mentre per coloro che vi tornavano, con un certo timore per la prima volta, è stata una piacevole sorpresa che ha permesso loro di rendersi conto che parlare l’italiano o il dialetto è importante. Ora l’estate sta per finire e molti sono ritornati già al lavoro o a scuola. Hanno scoperto un mondo nuovo e interessante. E sono sicuro che vi torneranno con fidanzati, mariti, nipoti o amici. Perché un’estate cosi non si dimentica mai.

 

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Un amico… speciale

Generalmente, se mi reco in un’altra città, per vacanze o per qualche impegno, cerco di non disturbare gli amici o, se vado a trovarli, la mia visita generalmente è molto breve. Negli ultimi due o tre anni vado spesso a Fiumicino per prendere l’aereo o per accogliere qualche nipote o amico. La routine è sempre la stessa: solito albergo con navetta per evitare i tassisti romani e cena in un ristorante della zona che non sempre mi ha soddisfatto. Questa volta mi sono ricordato di un amico che fa il cuoco nella capitale. L’ho chiamato semplicemente per avere un suggerimento su un ristorante e la mia vita si è subito complicata. Prima voleva mandarmi a Trastevere, ma gli ho ricordato che era a 40 km da Fiumicino; poi mi ha detto di non preoccuparmi perché avrebbe pensato a tutto lui, ma si era dimenicato che quella sera aveva un impegno. Allora mi ha detto che il figlio del proprietario del ristorante sarebbe passato in albergo alle 19.30. Ho visto arrivare un Suv nero che si è fermato davanti all’albergo. Si è aperto lo sportello e, oltre all’autista, c’era un altro signore. Dopo i saluti, ho chiesto chi fosse il figlio del proprietario del ristorante. “Beh, veramente – ha risposto uno dei due – sono il padre e lavoro per il Vaticano”. Mi sono subito chiesto che cosa avesse raccontato il mio amico al proprietario del ristorante. Ottimo e sul mare. Grazie al mio amico è stata una bella serata.

Qualche settimana dopo l’ho incontrato nel paese dove era in vacanza e, pur essendo interista, avevo voglia di tirargli le orecchie perché, per una cena, ha scomodato tanta gente, ma il peggio doveva ancora venire. Con uno strano  sorriso mi ha chiesto se sapessi chi era  l’autista. Ho risposto di no e allora lui ha aggiunto: “Anche lui lavora in Vaticano ed è l’autista del…Papa”. E sapete perché ha smosso mare e monti per me? Per ringraziarmi dopo tanti anni. Quando tornavo in Italia portavo alla madre sempre del cioccolato che lei distribuiva ai suoi figli dicendo: “È Diodato che ve lo ha portato dal Canada”.

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