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Sul bello

Dirò cose scomode. Non credo alla verità del celebre aforisma di Giulio Cesare Croce secondo cui “non è bello quel che è bello, ma è bello quel che piace’’. Così come non credo a quell’adagio della romanità antica, di origini oscure e probabilmente popolari, giusta il quale “de gustibus non est disputandum”.

 

Una vera esperienza della Bellezza è, secondo me, questione di studio, di educazione, di prospettive giuste, di memoria, di vissuto. Nulla a che fare con l’oscillazione del gusto, con quella soddisfazione, oserei dire quasi postprandiale, di chi abbia semplicemente soddisfatto il palato. Un’esperienza autentica della Bellezza dovrebbe, a mio avviso, rifuggire l’immediatezza di ciò che gratifica un semplice desiderio, un‘ansia del momento, uno stato d’animo contingente. Credo che nel Bello sia necessario che l’ “ego” scompaia, che esso giunga a fondersi con il moto naturale delle cose, viste nel loro nascere e modificarsi, senza che esse muoiano. Guardo al Bello come a qualcosa che superi la contingenza, cristallizzi il movimento che va dall’imperfezione dell’opera fino al suo completamento, giungendo all’estasi del nostro conoscerla e, perché no?, goderne. Ed è lì, in quel movimento, che il Bello si rivela alla nostra capacità di percepirlo e farne momento di arricchimento culturale. Il nostro desiderio, nell’esperienza estetica autentica del Bello, conta ben poco. Oso pensare che un’opera d’arte ci esautori. Essa non ha, e non deve avere, alcun rispetto per noi. Nell’esperienza estetica autentica deve evaporare ogni nostro interesse nel momento del nostro rapporto con un’opera, sia essa figurativa, musicale o letteraria. Lo stesso disinteresse che deve, comunque, aver mosso ogni artista, sia pure nella “mimesis’’, nell’avvicinarsi alla materia, alla lingua, ai suoni. A quale fine? A mio avviso, per esprimere l’indicibile, l’irrappresentabile, l’idea di un qualcosa che sfugga all’utile, all’espressione ‘’sentimentale’’ e sospetti la presenza di un’alterità che ci sovrasta.

 

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Molto di più, potremmo aggiungere su questo tema. E non è questa la sede; magari, chi desidera, può dialogarne con me scrivendomi. Però, concluderei così: a qualcuno piace certa poesia “bacioperuginesca’’? O predilige la musica del gruppo improvvisato e semisvestito del momento, ancora in vena di spaccare sul palco strumentazione e quant’altro? Bene, l’oscillazione del gusto è legittima e sacrosanta; guai a chi criticasse la libertà della persona di soddisfare le proprie esigenze sentimentali. Ma dire che un’opera è bella solo perché ci piace, ecco: anche no.

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