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Soli, e così eccellenti

Uno dei tanti giri di parole che caratterizzano il discorso politico della e sulla scuola è quello che fa riferimento all’idea di eccellenza. Basterebbe andare in rete su uno dei tanti siti degli istituti scolastici che mettono in vetrina il loro progetto educativo per inciampare sulla promessa di garantire ai propri studenti il raggiungimento dell’eccellenza nel loro percorso accademico. Ma in cosa consiste quest’eccellenza? Io stesso, in quanto pedagogo, mi son ritrovato spesso nei rituali consigli dei docenti a dover definire un concetto che sfugge a formulazioni precise e univoche. Eppure, un aspetto mi sembra emerga nella narrativa dell’eccellere: si tratta del prevalere di uno sull’altro, di uscire vincitori da un agone spietato contro un “altro da sé’’ visto come rivale e potenziale ostacolo all’ascesa personale.

 

Ho la sinistra sensazione che ci si allontani dalle idee sacrosante che guardano al fenomeno della conoscenza come al risultato di una costruzione sociale, fatta di collaborazione, di interazione, di cooperazione, di ascolto e accettazione delle differenti capacità dei membri di una comunità. L’idea dell’eccellenza mi sembra faccia precipitare l’ora di classe in un clima da homo homini lupus, con una scuola a fungere da “Leviatano al contrario” (con buona pace di Hobbes!), a incoraggiare il primeggiare, a incitare alla muscolarità intellettuale degli studenti, in un… consesso gladiatorio che pare precedere quello degli scranni parlamentari o delle campagne elettorali. Questa marziale visione del mondo dell’educazione non considera che la scuola è uno “stare insieme in ozio’’, adagiarsi e riposarsi sulla realtà per meglio studiarla e comprenderla, in una dimensione collegiale e conviviale, condividuale.

 

Mi sovviene il magnifico affresco di Raffaello, la Scuola di Atene, esposto ai Musei Vaticani nella Stanza della Segnatura. L’Urbinate, peraltro rattristato dal dover creare la sua opera cancellando dalle pareti della stanza affreschi precedenti di Piero della Francesca, ci offre un’immagine della conoscenza che è frutto del dialogo, dello scambio, non già di un eccellere individuale: al centro della Scuola di Atene, figurano, infatti, Platone ed Aristotele, il primo ad indicare in alto il mondo iperuranio delle idee, il secondo quello della realtà sensibile, insieme a conversare sulla necessità di un pensare etico che sia il risultato della condivisione e della costruzione solidale del sapere. 

 

Una lezione, questa, che mi sembra dimenticata nell’odierna solitudine dell’eccellere accademico. Buon Natale e Buon 2023 a tutti i lettori de “Il Cittadino Canadese”!

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