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Siamo davvero buoni!

Aristotele e Hobbes avevano idee diametralmente opposte sull’essenza dell’umanità. Il grande filosofo greco concepiva l’essere umano come zòon politikon, cioè come l’unico animale in grado di concepire quella comunione e quella compartecipazione fraterna di interessi e beni che si concretano nell’idea di polis. Al contrario, il filosofo inglese del Leviatano era convinto della nostra natura bellicosa e violenta, dell’essere, gli uomini, lupi per gli altri uomini, e che essi avrebbero accettato di sottomettersi al potere del monarca, o di un gruppo ristretto di individui, solamente per ragioni utilitaristiche e di sopravvivenza. In altri termini, la nostra moralità non deriverebbe, secondo Hobbes, da un’inclinazione naturale al Bene e alla condivisione, come nella koinônía aristotelica, bensì da una scelta di convenienza, vòlta a reprimere un impulso in noi innato a nuocere e ad aggredire in vista di un bene maggiore come la sicurezza personale.

 

Allora, siamo buoni per natura o per scelta? Siamo, in fondo, dei “buoni selvaggi’’, come pensava Rousseau, o machiavellicamente crudeli e “buoni’’ solo quando ci conviene? Frans de Waal, uno studioso del comportamento dei primati, l’ordine di mammiferi a cui appartengono, tra gli altri, le scimmie e l’essere umano, non è convinto di questa nostra moralità di comodo e rifiuta la teoria della patina secondo cui la nostra socialità non sarebbe altro che un rivestimento culturale che cela, al contrario, una predisposizione al sopruso e alla violenza. Questo primatologo ottimista vuole indurci a sospettare che non ci sia stato, nella nostra Storia, un momento preciso in cui l’umanità abbia preso la decisione opportunistica di abbracciare una morale di convenienza e che, al contrario, desiderare il Bene e la pacifica convivenza sia un elemento insito nella tendenza alla socialità dei primati; secondo Frans de Waal, noi siamo una specie naturalmente gregaria, portata alla cooperazione e al restare vicini.    

 

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È davvero così? Come nel dilemma del porcospino di Schopenhauer, siamo esseri che hanno freddo e hanno bisogno del contatto con l’Altro, salvo poi ritrovarsi vicendevolmente feriti dagli aculei e indotti ad allontanarci, l’uno dall’altro, per poi dimenticare la nostra natura e ricadere ancora nell’errore di un nuovo contatto. Tra studiosi, come Steven Pinker, che, dati alla mano, pensano che il mondo stia diventando sempre meno violento, ed altri che hanno nostalgia di un’innocenza perduta, l’umanità non riesce a liberarsi dalle guerre e dallo sfruttamento del prossimo. Come aveva ragione Heidegger quando affermava che ‘’ormai solo un Dio ci può salvare’’!

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