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Sanremo: un’Italia finalmente unita

Il potere dello schermo

 

L’annientamento delle frontiere culturali, identitarie e anche fisiche, causato dalla trionfante religione del mondialismo, ha ridotto l’Europa a un colabrodo. E la carnevalata francese del 1968 ha diffuso in tutta l’Europa la passione per il carnevale permanente.

La tecnologia, in questo carnevale, è di grande aiuto. Si fanno ogni giorno, attraverso il pianeta, miliardi di clic sulle scene più assurde: sconce, ridicole o addirittura criminali, il cui scopo è di far ridere. E capita che i protagonisti di queste scene, ripresi i sensi, desiderino morire per la vergogna.

 

Il giovanilismo impazza. I nostri giovani zombie non rivolgono più lo sguardo all’esterno, fuori del foro interiore, e fuori del loro prolungamento naturale che è il telefonino intelligente con il suo flusso di messaggi, giochi, immagini. Avidi di divertimento, anche quando attraversano la strada, i nostri zombie rimangono nel loro invisibile sarcofago e continuano a palpeggiare il piccolo schermo del loro cellulare alla continua ricerca del piacere online. Questi nuovi esseri umani sembrano essersi trasformati in un buco nero che assorbe divertimento. Fateci caso, il loro sguardo è diverso dal nostro: il sorriso ambiguo e tormentato che vediamo nei loro occhi è rivolto all’interno, a sé stessi.

 

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Il fenomeno d’adorazione dello schermo, molto diffuso attraverso il pianeta, in Italia raggiunge forse l’apice. Un esempio: una delle più grandi ambizioni dei camorristi napoletani è stato sempre di avere ville simili a quelle che il cinema riserva sullo schermo a certi suoi eroi del male. Il criminale autoctono verace vuole vivere, in sostanza, nella casa di Al Pacino che Hollywood e Brian de Palma hanno presentato alle platee mondiali nel film “Scarface”, facendo salivare d’invidia i camorristi casalesi. Dai giornali: “Walter Schiavone, boss della cosca dei casalesi aveva chiesto al suo architetto di costruirgli la villa identica a quella del gangster cubano Scarface”. Saviano ha documentato questa irresistibile attrazione che i “boss” della mala provano per i protagonisti dei film di mafia ai quali s’ispirano sia negli abiti e nelle movenze sia nello stile architettonico da scegliere per la propria lussuosa abitazione.

 

Se persino gli uomini senza scrupoli, furbi e cinici per istinto e mestiere, si prostrano di fronte all’immagine fasulla presentata dall’adorato schermo, è facile capire la grande forza con cui la TV ha investito gli italiani tutti. Forse esagero, ma io direi che lo schermo televisivo ha avuto sulla popolazione dello Stivale un impatto simile per effetti a quello avuto dall’alcol sulle popolazioni indigene del Canada e degli USA.

 

Voglio terminare con una nota positiva. Il Festival di Sanremo, apoteosi del divertimento all’italiana, segna anche quest’anno l’unità d’Italia: tutti lo guardano e tutti ne parlano, finalmente uniti perché galleggianti tutti nello stesso mare di chiacchiere e polemiche. Ospiti vari, presentatori, spettatori, cantanti e l’intero popolo italiano spettegoleranno sul festival per giorni, per settimane e per mesi. Fino al prossimo Sanremo. Il parlare per parlare fa parte della nostra identità.

 

Mi auguro solo che quest’anno il genere rap non la faccia da padrone. Io trovo balordo il ritmo di questa musica da pianeta delle scimmie.

 

Gravi sono i guasti operati sulle varie culture da una globalizzazione che spazza via le preziose differenze culturali, comprese quelle musicali. Si stenta oggi a crederlo, ma fino a non molti anni fa gli italiani erano capaci di creazioni molto valide nel campo della canzonetta melodica, “all’italiana”, che aveva un suo mercato anche oltreconfine. Oggi, invece, imitiamo gli altri. Ed è triste, perché in altri campi il “made in Italy” è uno straordinario marchio di successo.

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