ULTIM'ORA ADNKRONOS

Sanremo, capitale d’Italia

Il divertimento nella nostra società è al centro. Al centro del nostro mondo. L’industria dello spettacolo, dell’intrattenimento (divenuto “entertainment”), della risata, dello sport, dell’immagine, del selfie, dello svago, del diporto, della vacanza, del sorteggio, della scommessa, del montepremi (divenuto “jackpot”), della sagra, del festival, riempiono ogni spazio: la TV, il computer, il telefonino con il web e i “social network”, il cinema, i cellulari, la radio, gli schermi all’aperto, le case, le strade, le piazze, gli stadi. Grazie alla Tv, l’Italia si è trasformata in un enorme palcoscenico. 

 

Gli italiani sono convinti che la celebrità dia la felicità e che se ne acquisti un po’anche solo ad incontrare e ad applaudire chi è celebre. E si fanno carte false pur di apparire celebri. Chi somiglia a un personaggio conosciuto campa di rendita. È il caso di un mio amico napoletano che, avendo la fortuna di somigliare a un personaggio noto del mondo televisivo, ha fatto ricorso ai servizi di un agente per le sue partecipazioni a serate varie, retribuite con gettoni di presenza. Non si dimentichi che al festival canoro di Sanremo alcuni personaggi celebri che non cantavano e che non parlavano l’italiano, vedi Gorbaciov e Mike Tison, pagati profumatamente, sono rimasti sul palco pochi istanti ma con la loro brevissima presenza hanno dato al popolo italiano la felicità. Per il festival di Sanremo di quest’anno è stato invitato Zelensky, per meriti di popolarità.

 

Lady Diana, alla sua morte, suscitò attraverso il globo terrestre un’inondazione di lacrime e tonnellate di attestazioni popolari di cordoglio fatte di plastica, carta, immagini, fiori e ciarpame, che mi provocò un senso di colpa per il mio cinismo. Perché a me il viso di Lady Diana ricordava un po’ quello di Totò, e le sue prodezze amatorie mi ricordavano le frequentatrici abituali dei quartieri spagnoli di Napoli. Un suo incontestabile merito? La celebrità. E infatti la morte di calciatori celebri mette periodicamente a lutto l’intero pianeta.

 

Un tempo c’erano le mille e una piazza, in cui si osservava, si parlava,  si comprava, ci si agitava, si agiva… Oggi le cose che contano e un’infinità di cose che non contano ci vengono presentate invece in Tv. E l’uomo della strada divenuto telespettatore, convinto che la Tv è la vera vita, si sente alienato trovandosi al di fuori dello schermo, l’unica piazza che conti; ma cerca di divertirsi da guardone e prende partito per l’uno o l’altro dei personaggi che affollano quotidianamente questo desolante parco dei divertimenti basato sull’esibizionismo, sulle chiacchiere e sulla falsità che è la Tv. E risa e sghignazzi accompagnano lo spettacolo.

 

Tempo fa lanciai un appello per creare un’intesa tra fazioni, partiti, caste, gruppi, individui; indefessamente impegnati in contrasti e diatribe nella nostra bella Italia, patria di conflitti e odi civili. La mia proposta agli italiani: serviamoci di Mina, dal cognome predestinato Mazzini, come bandiera. Dissi: dobbiamo cogliere l’occasione per una nuova storia d’Italia, un’Italia finalmente pacificata con capitale non più Roma, ma Sanremo. Pochi eventi, infatti, rappresentano così bene un popolo come fa Sanremo per gli italiani. E Mina, secondo me, è l’unico personaggio della penisola in grado di creare l’unanimità intorno a sé. Infatti, se oggi sono in tanti a parlare male di Garibaldi, a nessuno verrebbe in mente di parlare male di Mina.  E così io proposi di ricostituire l’unità d’Italia intorno a questo monumento canoro in sovrappeso in esilio in Svizzera, la sola capace di rimpiazzare quel decaduto simbolo dell’unità d’Italia che è Giuseppe Garibaldi, personaggio inviso sia ai nostalgici dei Borbone sia agli orfani di Francesco Giuseppe,
stuoli in Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

NOTIZIE RECENTI

Adnkronos

Pubblicità

Askanews