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Roma è libera, l’Italia ancora no

IL PUNTO di Agostino Giordano

Il 13 ottobre 2015 sarà ricordato per due fatti rilevanti: a prima vista di segno opposto, ma in realtà ambedue negativi. Una maggioranza ‘arcobaleno’ vota la fine del Senato e il sindaco Marino, Pd, firma le sue dimissioni da Primo Cittadino della capitale. L’istituzione democratica per eccellenza della ‘res publica romana’ chiude. E non per ferie. In Italia finisce il ‘bicameralismo perfetto’, peraltro auspicato da tutti, centrodestra compreso; ma Renzi, da ‘Camera alta’ l’ha trasformata nella personale garçonniere. Non per niente i Grillini questa riforma istituzionale l’hanno battezzata “riforma prostituzionale”: un luogo per dopolavoristi regionali, in vena di gite romane. Se poi i deputati saranno eletti con la legge elettorale ‘Italicum’ stravolta da Renzi, il gioco è fatto: la Camera non avrà nessun contrappeso democratico: andrà al partito (o alla coalizione, è ancora decidere) che otterrà la maggioranza assoluta e governerà in maniera “dittatoriale” o quasi. Quando sarà. Intanto godiamoci questo governo a guida Renzi, dalla spiccata vocazione dittatoriale. Godiamoci questa sua voglia matta, adolescenziale, di vincere ad ogni costo. Una serie infinita di prove muscolari che non porteranno a un nulla di fatto: in primavera questa “riforma prostituzionale” del Senato verrà sottoposta a referendum popolare. E tutte queste ‘fatiche d’Ercole e di Sisifo’ cesseranno; e Renzi verrà ricordato, nelle cronache italiche, come una parentesi goliardica. Però Matteo ci prova: manda le sirene a Lampedusa, fa arrivare migranti a gogò accolti dalla banda della marina militare, li liscia con diarie e suite d’albergo, sta per approvare la legge sul ‘ius soli’(cittadinanza italiana in cambio di cinque anni di scuola e genitori regolarizzati), per poi “usarli”, irriggimentati, nel voto per sé e per il suo PD. Prendete il povero Marino Ignazio. Richiamato dagli Usa con l’aureola di scienziato, voluto come sindaco di Roma con tutti gli onori e poi bocciato con tutte le pernacchie del caso. Onori e pernacchie con targa Pd. Quel Partito che in Parlamento abolisce il Senato, è lo stesso Partito che dà il benservito a Marino. La persona sbagliata nel posto sbagliato. Un parvenu, un ciclista sui generis, un vaso di coccio in mezzo a mafie inveterate, uno che scappa davanti ai problemi, uno che cade su scontrini di poco conio. Bene: quel Renzi che in Parlamento spadroneggia, non può nulla contro le buche di Roma. Il Parlamento è lontano dalla realtà, i sindaci amministrano la realtà. Il Parlamento è vittima del Premier e dei suoi giochi di potere, il popolo ti presenta il conto senza tanti giochetti.  Al vedere Napolitano prendere la parola in Senato, i gruppi di Forza Italia e Cinquestelle sono usciti dall’aula; e Scilipoti ha messo sotto gli occhi di ‘re Giorgio’ un foglio con su scritto ‘2011’, per ricordargli il golpe contro Berlusconi. È una nemesi che si avvera. Per un reato mai commesso, il senatore Berlusconi venne espulso da Palazzo Madama; oggi, per un fatto puramente demenziale, il Senato ‘si suicida’ in blocco, come un branco di tonni che ha perso la bussola. A primavera si andrà alle urne per eleggere i sindaci di Roma, Milano, Napoli, Bologna: tutti a libro paga del Pd. Da lì si spera che parta lo scacco matto a Renzi. Urge cambiare aria. Roma docet.

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