IL PUNTO di Vittorio Giordano
25 MILA SIRIANI IN CANADA
In attesa del ‘Discorso del Trono’ (fissato per venerdì 4 dicembre), che darà il ‘la’ ai lavori parlamentari della 42ª Legislatura Federale e svelerà ‘urbi et orbi’ le linee programmatiche del nuovo governo liberale, Justin Trudeau si è già fatto apprezzare per una qualità più unica che rara in politica: la coerenza. Il Premier, infatti, sta mantenendo tutte le promesse fatte in campagna elettorale: no al pedaggio sul nuovo ponte Champlain, no ai raid in Siria ed Iraq (meglio la formazione delle truppe locali), sì alla posta recapitata a domicilio, sì al niqab durante il giuramento per la cittadinanza, limiti più stringenti ai gas serra. In attesa della legalizzazione della marijuana e dell’abolizione della controversa legge sulla cittadinanza ‘a due velocità’, in queste ore Ottawa sta mettendo a punto il piano – che costerà 1.2 miliardi in 6 anni – per accogliere 25 mila rifugiati siriani entro il prossimo 31 dicembre. (che vanno ad aggiungersi ai 3.000 già in loco). Una vera e propria corsa contro il tempo. Il Québec, a sua volta, ne ospiterà altri 3.625 (per un costo totale di 29 milioni). L’Europa ne ha già accolti 510 mila, di cui 1/5 in Germania. L’attentato terroristico di Parigi, che ha provocato 129 morti e 350 feriti, non ha fatto registrare nessun arretramento sulla tabella di marcia (anche se, secondo CBS News, saranno ammessi solo famiglie, donne e bambini). Una posizione, tutto sommato, condivisibile. Del resto, sia chiaro: i profughi non sono terroristi, ma scappano dalla barbarie dell’ISIS (che, perciò, li considera dei traditori). E in Canada, grande 33 volte l’Italia, possono trovare l’Eldorado: l’ex rifugiata afghana Maryam Monsef oggi è Ministro delle Istituzioni democratiche. Eppure, nessuno può escludere a priori che qualche terrorista, anche del gentil sesso, possa infiltrarsi tra i rifugiati, approfittando dei controlli ‘sommari’ e della predisposizione benevola dei Paesi di accoglienza. Tant’è vero che è ancora al vaglio degli investigatori francesi l’ipotesi che uno degli attentatori fosse un siriano passato dalla Grecia. Mentre è un fatto accertato che, il 17 novembre scorso, all’aeroporto di Instanbul, la polizia turca ha arrestato 8 marocchini diretti in Germania dopo essersi spacciati per profughi siriani. Alzi la mano chi può escludere la possibilità di jidaisti camuffati da affettuosi padri di famiglia in mezzo a schiere sofferenti di donne e bambini. Sarà pure improbabile, ma non impossibile. Insomma, la prudenza non è mai troppa: meglio non correre rischi. Nessuno spazio alla paranoia, ma neppure all’indole radical-naif. La pensano così il Premier dello Saskatchewan Brad Wall, il Sindaco di Toronto John Tory e la Camera americana, che ha bloccato il programma di accoglienza di 10 mila rifugiati siriani e iracheni nel 2016. Ma la pensano così, soprattutto, la maggioranza dei canadesi (il 54% secondo Angus Reid Institute Poll) e dei quebecchesi (il 60% secondo CROP-La Presse). I quali non dicono ‘no a prescindere’ e ‘tout court’, ma chiedono semplicemente di dilatare i tempi di accoglienza, per poter rafforzare le misure di sicurezza. Del resto: perché proprio 25 mila? E perché entro, e non oltre, il 31 dicembre? Perché questa ostinata fretta? Il tempo dei proclami è finito: meglio seguire le logiche della realpolitik. Alla luce dell’attacco in corso alla civiltà occidentale, la tradizionale indole umanitaria del Partito Liberale, la storica predisposizione all’accoglienza (basti pensare ai tanti ungheresi, vietnamiti, kosovari e haitiani accolti nel passato) di un Paese come il Canada, che fa del multiculturalismo il suo fiore all’occhiello, deve cedere il passo alla ragion di stato ed al ‘diritto inviolabile alla sicurezza’ dei suoi cittadini. Come? Rivedendo tempi e numeri di un ‘tour de force’ ingiustificato. Basti pensare che nel 2014, in Canada, sono state 15 mila le richieste di asilo presentate, con i seguenti tempi di trattamento: 15 mesi per l’80% dei casi seguiti dal governo; 53 mesi per l’80% dei casi sponsorizzati da familiari o gruppi religiosi; 26 mesi per l’80% dei casi che hanno depositato una domanda al loro ingresso nel Paese. Se anche il processo di selezione dei profughi siriani avesse preso il via giovedì 12 novembre, per concludersi il 31 dicembre, i funzionari dell’immigrazione avrebbero solo 35 giorni per passare al setaccio la vita di 20 mila persone (dando per scontato che 5 mila siano bambini). Cioè 571 al giorno, 71.3 all’ora, 1,8 al minuto! Il che cozza contro i ‘tempi reali’ di trattamento delle domande di asilo, che normalmente possono arrivare fino a 36 mesi, secondo quanto indicato sul sito del governo. Un azzardo! I rifugiati vanno accolti, ma non così in fretta. E non a tutti i costi. Il sacrosanto diritto all’accoglienza dei rifugiati non può ledere il diritto alla sicurezza dei canadesi.