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Renzi vuole commissariare l’Italia

IL PUNTO di Agostino Giordano

Matteo è bravo nel risolvere i problemi. Commissaria e basta. Senza mai metterci la faccia. A Roma ha prima commissariato il Pd locale, col suo omonimo e presidente nazionale Pd Orfini; e poi ha commissariato il sindaco Marino, prima con il prefetto-badante Gabrielli e poi (tramite Gabrielli) con il commissario straordinario Tronca. Tra omonimi e prefetti, tutto fatto in casa. Certo, Marino ha fatto il possibile per teatralizzare la sua defenestrazione, ma poi la pagliacciata doveva pur finire. E a mettere la parola fine ci ha pensato uno che, in fatto di cognome, non scherza: Tronca. L’ex prefetto di Milano viene catapultato a Roma quasi a ribadire – secondo la vulgata Cantoniana – la supposta superiorità morale di Milano su Roma. Certo, Tronca avrebbe potuto finire meglio il lavoro a Milano, e non con il regalare ai Rom un’ala dell’Expo; e a Roma avrebbe potuto iniziare meglio, e non con il solito tour dall’Altare della Patria alle Fosse Ardeatine. Si spera che a Roma faccia bene, vaccinato com’è dall’esperienza milanese, dove a menare il torrone è un certo Pisapia, un altro figlio di Sel, – Sinistra Ecologia Libertà – confratello di Marino. Uomini sbagliati nel posto sbagliato. Che fanno il paio con altri governatori di sinistra; citiamo, ad esempio, Crocetta (in Sicilia), Vendola (in Puglia), De Luca (in Campania), Zingaretti (in Lazio), Chiamparini (in Piemonte): accusati o inquisiti, indagati o condannati, ma non defenestrati da Renzi. Matteo si guarda bene dal buttarli a mare: sarebbe la sua rovina. Solo il caso Marino, a Roma, ha fatto deragliare il Pd al 17%: altro che 40% vagheggiato da Renzi, nel suo Italicum! Voi mi direte: ma cosa aspetta la magistratura italiana a intervenire, in tutto questo marciume? Una bella domanda, a cui però ho già risposto in decine di articoli, e il cui succo è il seguente: in Italia non c’è certezza di giudizio. Ogni giudice è padrone di interpretare la legge ad libitum. Certo, se gli indagati sono di sinistra, o non si indaga o si insabbia presto; se di segno opposto, le manette tintinnano. Il caso del padre di Renzi Matteo è emblematico: insabbiato. A politici e giornalisti di destra, addosso a tutto spiano; su politici, giornalisti e giornaloni di sinistra, – specie se amici del premier – proibito indagare e  condannare. Adesso i ‘magi-renziani’ ne hanno inventata un’altra: se a commettere delitti sul suolo italico sono migranti che hanno chiesto asilo politico, i loro nomi non vanno  neppure resi noti su stampa e neppure rinviati in patria, perché correrebbero il rischio di venire uccisi. Dunque: se rispedita a casa, questa gentaglia viene uccisa; quindi è meglio che viva da noi, in Italia, – terra del buonismo universale – e rubi e uccida a gogò, coperta da immunità giornalistica e giudiziaria. Ha ragione la Libia a pretendere l’allontanamento delle bagnarole salva-gente italiche dalle sue acque territoriali: ed è scandaloso che lo richiedano ambedue i governi libici, l’un contro l’altro armati. Sì, in Italia, si vive una tragi-commedia toscana, dove un giovinotto ha prima studiato l’homo italicus, poi il sistema giudiziario italiano, quindi il potere quirinalizio, infine l’intricato verminaio politico ex-comunista in salsa bindiana; una volta scoperto il ‘tallone d’Achille’ di questa melassa indigesta, dal paesucolo si è fiondato a Firenze, e da qui a Roma. È una commedia strana, la sua, che ha per attori i soggetti più impensabili, ma tutti finiti a fare le marionette. Di Renzi, premier e segretario del Pd. Partito Democratico. Di nome. In realtà, dopo Roma, Renzi vuole commissariare l’Italia. Servendosi di un Parlamento che ha paura di perdere ‘stipendio’ oggi e ‘posto in lista’ domani. Intanto, però, Berlusconi ha presentato il nuovo programma del centrodestra.

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