Vi è una maniera di ragionare italiana che mi lascia perplesso. Invece di analizzare il problema singolo e cercare di evidenziarne le cause, il tipico italiano prende immediatamente in considerazione il problema generale, globale, collettivo, spesso mondiale. In tal modo egli trascura le cause specifiche del problema al quale si vorrebbe porre rimedio, e s’innalza pindaricamente su di esso.
L’Italia ha un grave problema di denatalità? L’amico italiano con cui ne parlo non vede il problema: per lui la diminuzione della natalità, a livello planetario, è un fatto positivo. Al che io obietto che si prevede che in Africa, entro il 2050, la popolazione passerà da 1,2 miliardi a circa 2,3 miliardi d’individui. La popolazione mondiale aumenterà del 57%. Quella italiana, invece, diminuirà, fatta eccezione per i nuovi arrivi nella penisola di migranti provenienti dall’Africa. Questo mio amico italiano sorvola allegramente sul problema demografico della penisola, dal momento che a lui, odiatore dei confini nazionali, interessa la popolazione mondiale.
Un altro esempio di questo innalzarsi sulle situazioni concrete è la maniera in cui in TV viene annunciato l’ultimo infortunio sul lavoro, di una lunga serie purtroppo, e che viene immediatamente collegato agli altri infortuni dello stesso giorno o del giorno prima. Sarebbe utile invece distinguere tra le categorie di incidenti sul lavoro, causati in taluni casi dalla mancanza di autodisciplina del lavoratore, o dovuti a cause specifiche spesso di natura tecnica che andrebbero accertate. Invece si fa di tutt’erba un fascio, denunciando la “mancanza dello Stato” e invocando nuove norme appropriate. In realtà, l’Italia in tutti campi abbonda di norme che non vengono rispettate.
In Italia si attribuisce allo Stato la responsabile quasi di tutto. Uno Stato direi disincarnato che permette di fare astrazione delle responsabilità individuali concrete. I sindacati, i cui dirigenti sono lautamente retribuiti, eccellono in questo voler attribuire la colpa sempre e soltanto allo Stato. Sarebbe bene affidare a questi sindacalisti, per un lungo periodo, la direzione dello Stato per vedere come se la caverebbero.
“Le guerre vanno abolite. Ogni guerra produce solo perdenti mai vincitori. È facile capirlo.” Attraverso queste formulette moralistiche che lasciano il tempo che trovano, un popolo, aduso ai conflitti civili e molto attivo nelle guerre intestine, dà il suo contributo alla soluzione del problema della guerra. Chi, gonfio di saggezza e di umanità, “porta avanti” un simile discorso, non propone mai la soluzione concreta ad una singola guerra, ad esempio a quella a Gaza o a quella in Ucraina, ma risolve tutti i conflitti attraverso queste frasi fatte che non risolvono un bel nulla. Io credo che una tale logica moralistica derivi al popolo italiano dalle tante prediche udite dal pulpito in questi ultimi due mila anni.
” What many Italians lack is a comparative perspective and a sense of proportion”, questa analisi fatta da un sociologo mio amico coglie nel segno. Ma viene allegramente ignorata nei ridicoli “Talk show” della penisola, in cui si discute ininterrottamente di tutto, con uno spirito da guerra civile, e con gettone di presenza garantito.
“Portare avanti il discorso” è la ridicola frase che giustifica questo stupido e inutile “parlare per parlare”, dove ciò che conta per il polemista non è tanto l’apportare all’interlocutore la propria esperienza e le proprie idee sul tema discusso, ma il volere aver ragione a tutti i costi, l’essere protagonista, il mostrarsi superiore all’altro. Ecco perché le discussioni all’italiana pullulano di frasi fatte, di raffronti storici, di pali in frasca, e di soluzioni puramente teoriche e sempre globali.