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Pietro Corsi di Casacalenda, Marco Micone, John Ciaccia

Molisani all’estero

 

Nel libro a carattere biografico “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora” (2022), lo studioso molisano Norberto Lombardi ci presenta una ventina di espatriati distintisi nel campo della cultura. Tra questi c’imbattiamo in Corsi, Micone e Ciaccia.

Pietro Corsi, nato a Casacalenda, si sposta a Campobasso, dove lavora presso un notaio. Poi trasloca a Roma “per un bisogno di confronto e di allargamento dei confini che avrebbe ben presto dato altri impulsi alla mia vita”. Quindi prende la decisione di andare a trovare il proprio fratello in Canada. Sbarca ad Halifax. A Montréal entra in contatto con Nick Ciamarra proprietario del “Cittadino canadese”, dove rimane a lavorare per 18 mesi, fino al dicembre del 1960. Le sue impressioni sulla Montréal di allora: “Il centro storico, a ridosso del porto fluviale, era una zona congestionata, sporca: le diverse comunità di immigrati erano asserragliate nei loro quartieri etnici, ogni strada con i suoi negozi, la sua lingua (…)”. Corsi ricorda che “ogni gruppo etnico era chiuso in sé”. Fu anche colpito da “i costumi più liberi delle donne” e “la diffidenza e i tentativi di emarginazione dei canadesi, in particolare quelli di lingua francese” verso i giovani immigrati attratti da una “vita più dinamica e ricca di occasioni”.  Inizia a scrivere “la Giobba”, la sua prima prova letteraria. Poi si sposta a New York, “ospite per qualche giorno nella casa di Giose Rimanelli”. Si è dovuto recare lì per un’occasione di lavoro su una nave da crociera. Ma questo suo lavoro dura poco perché la compagnia fallisce. Sposa una messicana e si stabilisce in Messico. Poi è il ritorno a Roma. Quindi di nuovo il Messico. Dove inizia una proficua e duratura carriera come vicepresidente esecutivo di una compagnia marittima. Continua a dedicarsi alla scrittura. Pubblica diverse opere, attratto ed ispirato da una “cultura della contaminazione e dal viaggio tra i popoli che può rappresentare un richiamo di un’identità aperta e plurima di quel Molise che non voglia essere risucchiato dall’allarmante senso di vuoto che si avverte nella sua vita civile”. Da queste parole avvertiamo che il Molise, per Corsi, non è mai stato il sognato porto del rientro definitivo: l’eterno ritorno degli espatriati. Il suo Molise gli fu invece di sprone, con l’esempio del suo immobilismo e del suo senso di vuoto, a distaccarsene definitivamente per vivere l’avventura dell’altrove.

 

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Nel libro di Lombardi, anche il noto intellettuale italo-quebecchese di Montréal, Marco Micone, ricorda il nostro “Cittadino canadese”; foglio che giudica ancorato “a posizioni conservatrici e demagogiche”.  Senz’altro un miglioramento per noi del Cittadino rispetto all’epiteto “feuille de choux” (“giornalastro”) da lui usato nel passato. Giudizio, ancora una volta, però ingeneroso nei confronti del nostro giornale, che ha ospitato nel corso degli anni numerosi articoli, io credo pregevoli, sulla complessa realtà del Québec e del Canada, e su quella degli immigrati italiani.  Articoli, oso dire alludendo se non altro ai miei, dettati da uno spirito libero e da una mente studiosa avente una conoscenza profonda e anche diretta dei temi trattati.

 

John Ciaccia è presente – non sarebbe potuto essere diversamente – in questa antologia di biografie dovute all’impareggiabile penna di Norberto Lombardi. Ma non posso aggiungere altro, perché troppo spazio richiederebbe una presentazione, sia pur succinta, del ricco percorso politico e umano di Ciaccia, nativo di Jelsi. Dirò solo questo: noi tutti in Québec e in Canada abbiano un debito nei suoi confronti, per aver egli mostrato in questa terra alla maggioranza, spesso propensa ad una stupida italofobia, la ricca gamma delle nostre qualità; anche attraverso l’esempio del suo stile sobrio ed essenziale, che è all’opposto di un’italianità da barzelletta o da codice penale, molto cara invece a Hollywood e anche alle numerose produzioni cinematografiche e televisive quebecchesi a noi consacrate.

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