Sono fortemente convinto che un’analisi critica seria e autentica di un’opera dello Spirito non debba mai essere disgiunta dalla conoscenza esperienziale di ciò che si intende criticare. Si vuole, ad esempio, trattare di Musica? Allora, ritengo si debba conoscere e fare musica per poterne, poi, parlare criticamente. O ancora, si desidera dire qualcosa sulla Poesia che non sia l’ennesimo flatus vocis? Ebbene, si deve aver messo le mani nella ‘’pasta poetica’’ e osservato la trasformazione della lingua che alla Poesia possa essere eventualmente approdata. Per quel che mi riguarda, mi sono avvicinato da autodidatta agli studî prosodici per poter dire qualcosa di sensato in una tesi di laurea su un poeta del Quattrocento toscano. Per riuscire a diteggiare i versi e scandire gli accenti dei sonetti caudati del Burchiello, ho pensato fosse dapprima necessario uno studio generale della lima poetica, degli strumenti di cesello della nostra lingua e persino una imitatio della maniera burchiellesca, un fargli eco per poter meglio carpire il suo respiro, fare ipotesi sulle sue intenzioni, entrare nella dimensione endecasillabica della sua Firenze. Poi, durante i lavori della tesi, qualcosa è successo: mi son ritrovato a scrivere versi senza più pensare al poeta barbiere dei sonetti nonsensici. Oggi, sono più di venti anni che mi piace considerare la lingua italiana anche nella sua funzione poetica – come direbbe il celebre linguista russo Jakobson-, attraverso, cioè, quell’umana inclinazione perturbatrice ed effrattiva della funzione comunicativa della lingua (una lingua non che è una delle possibili realizzazioni del linguaggio). Beninteso, non che mi senta, per ciò solo, un poeta; peraltro, non credo all’esistenza dei poeti tout court, quanto, semmai, a un incontro sempre fortuito e occasionale con l’evento poesia (ma questo è un altro discorso). E allora, perché scrivo versi? Perché scriviamo versi? Cosa ci spinge a ‘’giocare’’ con i pezzi di una lingua? Certo, siamo millenni lontano da quell’idea della Poesia come forma di comunicazione orale, persino precedente la scrittura, attraverso la quale l’umanità cantava, raccontando sé stessa e il suo rapporto con un’idea di trascendente.
Mi piacerebbe ricevere l’opinione di quei lettori de “Il Cittadino Canadese’’ che amano scrivere versi; mi piacerebbe leggerli e poter conversare con gli autori sulle ragioni intime che li spingono all’incontro con la Poesia. Vi invito a comunicare con me scrivendomi a zibaldone.vincenzothoma@hotmail.com. Mi piacerebbe poter scegliere gli interventi più interessanti e continuare il dialogo sulle pagine del nostro bellissimo giornale.
Al piacere di parlare con voi di Poesia!