In “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora”– libro che rivela la profonda conoscenza che del fenomeno emigratorio ha l’autore: lo studioso jelsese Norberto Lombardi – il fattore nostalgia è meno forte nell’animo degli esponenti del mondo della scienza, rispetto a chi invece opera nel campo linguistico, letterario, sociologico o in campi connessi. A causa della loro grande passione per la fisica e le leggi naturali, e in virtù di una carriera che ha fatto loro conoscere continenti diversi, i ricercatori scientifici appaiono molto più legati all’oggetto del loro studio: le leggi del creato, che a un mondo geograficosentimentale dagli stili di vita e dai valori tradizionali, il Molise di partenza, rimasto un po’ indietro nel campo della scienza. Dal che si evince che, mentre gli studi umanistici invogliano al contatto con la cultura nazionale e locale di partenza, gli studi scientifici, quando sboccano su una carriera internazionale, diminuiscono il tradizionale forte attaccamento all’angolino di terra di partenza che accomuna in genere i molisani.
Per gli studiosi della lingua, della sociologia o di altre discipline simili, il mondo d’origine è invece un laboratorio vivente con cui i rapporti sono costanti nonostante la lontananza. Ma vi è un’eccezione: Antonio Casilli, professore ordinario di sociologia all’istituto politecnico di Parigi, plurilaureato e poliglotta è un esempio di superamento delle frontiere paesane.
Questo ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale, ramo a dire il vero scientifico, oltre che autore di ricerche etnografiche, è un girovago. Casilli si rivela distante dall’adesione passionale al luogo lasciato, così evidente in altri intellettuali o non intellettuali del Molise. Alcuni suoi giudizi sull’importante tema: “Io non ho mai condiviso con mio fratello il suo forte senso di appartenenza verso la nostra regione, né mai ho sentito alcuna pulsione a tornare in Molise dopo gli studi” (svoltisi sia per lui che per suo fratello a Roma).
La ragione di questo suo distacco rispetto a quella che chiama la “diatriba sul Molise che ‘non esiste’ ” è da lui espressa così: “Non sono mai stato un sostenitore dei particolarismi e dei campanilismi. Mi sono abituato a pensare da cittadino europeo e sogno che l’europeismo abbia un giorno la forza di fiaccare i nazionalismi e prevalere”. E ancora: “Sin da quando mi sono laureato, la mia vita è stata completamente condizionata dalla mia passione per la scienza, vivere e lavorare all’estero mi ha permesso di mettermi alla prova in un contesto internazionale e – allo stesso tempo – soddisfare la mia curiosità verso culture diverse”.
Nelle donne inserite in questa antologia di biografie di “intellettuali molisani nella diaspora”, lo spirito femminista è ben presente. Ciò si spiega col desiderio, provato da loro fin da ragazze, di affrancarsi da un mondo in cui le donne – le loro madri e le loro nonne e talvolta loro stesse – svolgevano ruoli fondamentali spesso penosi ma mai pienamente apprezzati, restando socialmente ai margini. Franca Iacovetta: “Crescendo, da adolescente, ho preso progressivamente coscienza delle convenzioni di genere che pesavano sulla cultura di una famiglia immigrata italiana di origine rurale, come la mia, e ho iniziato a sfidarle”. Marco Micone, da parte sua, “denuncia la doppia marginalità della donna immigrata.” Simona Palladino, nata a Campobasso, docente in Scienze sociali presso la Liverpool Hope University e affermata ricercatrice etnografica, spiega sinteticamente il suo femminismo così: “Sento di aver reagito ribellandomi alla patriarcale cultura di genere che mi avrebbe negato la possibilità di studiare e di viaggiare all’estero in quanto donna”.