di Alessandra Cori
Il 29 giugno scorso è entrato in vigore un regolamento comunitario che vieta l’importazione e la commercializzazione nell’Unione Europea di prodotti che contribuiscono alla deforestazione. Le aziende che commercializzano una lunga lista di materie prime, fra le quali emergono olio di palma, soia, caffè, cacao, capi di bestiame, legname e gomma, ma anche derivati come carne bovina, mobili, cioccolato e carta, dovranno dimostrare tramite un’appropriata due diligence la regolarità della propria filiera così come le coordinate di geo localizzazione dei luoghi di provenienza, per valutare tramite immagini satellitari qualsiasi possibile episodio di degrado forestale. I prodotti immessi nel mercato dell’Unione non devono infatti aver contribuito alla deforestazione e al degrado delle foreste in nessuna parte del mondo dopo il 31 dicembre 2020.
Le nuove norme mirano a garantire che, quando i consumatori acquistano questi prodotti, non contribuiscano a un ulteriore degrado degli ecosistemi forestali. La protezione dell’ambiente in tutto il mondo, comprese le foreste e le foreste pluviali, è, infatti, un obiettivo comune per tutti i Paesi e l’Unione Europea ha deciso di assumersi le proprie responsabilità.
Secondo il WWF, l’Unione Europea è responsabile del 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, seconda nel mondo solo alla Cina. Le analisi della Commissione abbassano questa cifra al 10% e comunque abbastanza per prendere misure drastiche come quelle assunte con il nuovo regolamento comunitario. Caffè, cacao, soia ma anche carne sono solo alcuni degli alimenti che anche l’Italia importa in gran quantità, ma la cui produzione è spesso causa del disboscamento dei terreni soprattutto nelle zone tropicali.
Tra i prodotti che più impattano sull’ambiente vi è sicuramente il caffè e in Italia se ne consumano in media 6 kg a testa all’anno. Le previsioni per il 2050 dicono che la produzione mondiale di caffè dovrà triplicare per soddisfare la domanda globale e per soddisfare questo certamente si dovrà disboscare ulteriormente le foreste per avere terreni fertili. Inoltre, a causa dei cambiamenti climatici, le zone oggi occupate dalle piantagioni di caffè non potranno più essere utilizzate a fini produttivi.
La seconda causa della deforestazione è la soia, molto amata dai vegetariani ma non solo, seconda causa di deforestazione dopo il bovino. La soia viene, infatti, anche utilizzata per la produzione di mangimi animali. Si stima che solo le importazioni di soia in Italia sarebbero responsabili dell’abbattimento di circa 16 mila ettari di foresta l’anno.
Per quanto, invece, riguarda la carne bovina, l’Italia è ad esempio un grande importatore di zebù (una specie di toro), per la produzione di bresaola, anche di quella Igp, come consente il disciplinare di produzione. L’allevamento di bestiame è quindi tra le prime cause di deforestazione al mondo. Circa 75 milioni di ettari di foresta sono stati distrutti solo nell’Amazzonia brasiliana a tal fine. La deforestazione ha innumerevoli conseguenze. Gli alberi svolgono, infatti, un’importante funzione di mantenimento del terreno. L’eccessivo abbattimento degli alberi aumenta notevolmente il rischio di frane, alluvioni e smottamenti. Anche la distruzione di pochi alberi, di un piccolo bosco, modifica radicalmente l’equilibrio naturale delle cose. Le foreste sono un habitat naturale per milioni di forme di vita. La distruzione delle foreste causa l’estinzione di numerose specie vegetali ed animali, con conseguente impoverimento genetico. La biodiversità è un aspetto compreso troppo poco. La perdita della biodiversità equivale ad un’irreversibile perdita di opportunità futura per l’uomo.
Ed infine l’effetto serra con il fenomeno del riscaldamento globale, determinato dall’eccessiva concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera terrestre. La distruzione delle foreste riduce la capacità di assorbimento naturale dei gas serra, accelerando il processo di concentrazione nell’atmosfera terrestre e il surriscaldamento climatico.
Adesso che il regolamento è entrato in vigore, le imprese e i commercianti avranno 18 mesi per attuarle, con deroghe alla scadenza per le realtà più piccole. Chi non rispetta le regole, potrà essere sanzionato con un’ammenda massima pari al 4% del proprio fatturato annuo nell’Unione.