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Molisani all’estero

Un Québec non facile per gli immigrati italiani

Lo studioso Norberto Lombardi ci presenta nel libro “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora” un minuscolo ma speciale insieme d’espatriati o di nati all’estero: gli intellettuali d’origine molisana. Questi intellettuali possono essere divisi in due gruppi: quelli che hanno dato un apporto al mondo delle scienze, ed altri, più numerosi, che hanno operato con successo nel mondo della letteratura, della linguistica, della sociologia, ecc. La lettura del libro rende evidente che i molisani che operano all’estero nell’una o nell’altra di queste due aree della conoscenza presentano delle differenze circa il senso di appartenenza e di nostalgia: il legame con la terra d’origine, tra gli intellettuali “scientifici”, è meno forte rispetto a quello esistente tra gli intellettuali “umanisti”.

Tra gli intellettuali della diaspora molisana presentatici da Lombardi non mancano quelli residenti in Canada. La complessità dell’identità di chi è debitore nei confronti di diverse culture emerge in particolare dalle riflessioni fatte da Antonio D’Alfonso, il quale ci parla di una “italicità dalle molte radici”. 

Poeta, scrittore, editore, documentarista, spirito irrequieto, Antonio D’Alfonso, nato a Montréal da genitori immigrati in Canada da Guglionesi, è un esempio della possibile esistenza nello stesso individuo di culture diverse in competizione tra loro. 

In questo intellettuale italocanadese troviamo una rivalità antagonistica, soffusa di un quasi tormento, tra queste diverse anime. In lui vi è l’anima francese insieme con l’anima inglese del Canada. Ma non basta: oltre all’italianità in lui vi è anche l’America, ossia gli USA, cui il Canada inglese è molto legato culturalmente. L’originalità di D’Alfonso, come studioso dell’identità e in particolare dell’italianità, consiste anche nel suo non considerare la lingua italiana un aspetto fondamentale di questa identità “italica”, presente nel mondo, e di cui lui, da tempo, si fa il sostenitore.

 

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Le difficoltà che deve affrontare chi vive nel Québec, non appartenendo al ceppo originario francese, sono messe ben in evidenza dalla nota poetessa e romanziera di Montréal Carole Fioramante David, immigrata di terza generazione, la cui “ossessione per le origini è una nevrosi personale”. L’origine molisana della madre l’ha spinta a un decisivo viaggio interiore verso il passato particolare rappresentato da questa sua radice italiana che la collega a gente contadina, povera, sfortunata. Questo suo ammirevole viaggio dell’anima le permette di sentirsi oggi anche italiana. Carole sente la necessità di precisare: “Non nego, tuttavia, che si è trattato di un viaggio faticoso, non privo di una qualche sofferenza umana, perché mi sono sempre sentita sofferente, marginalizzata. In Québec, negli anni sessanta, essere figlio o figlia di immigrati era difficile. Io potevo cercare di nascondere le mie origini grazie al nome di mio padre – David – ma il mio fisico mi tradiva. Ho scelto, dunque, la letteratura per togliermi quell’etichetta e per alleviare la tensione”. 

Leggendo la sua autoanalisi ho provato simpatia e ammirazione per Carole Fioramante David, la quale ha deciso di far riemergere una radice: l’italiana, che fino a ieri era per lei una palla al piede e che quindi preferiva tenere nascosta. La sua sensibilità traspare dalle tante cose che ci dice in poche pagine, da cui traggo questa frase crudamente vera: “Emigrare costituisce una rottura importante destinata a ripercuotersi sulle generazioni successive”.

Noi le siamo riconoscenti per questa sua assunzione di un umile passato italiano; scelta per nulla comoda, dato il disprezzo che fino a ieri, in un Québec complessato e narcisista, la maggioranza ostentava verso la nostra italianità.

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