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Molisani all’estero

La decisione di emigrare

 

Nelle prime pagine di “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora”, il noto studioso dei fenomeni migratori Norberto Lombardi menziona le cause dell’emigrare ed enuncia i valori d’origine e gli aspetti culturali e antropologici dei molisani. Tra questi vi sono i forti legami familiari, “l’osservanza delle tradizioni”, “una radicata cultura del lavoro”, “il legame con la terra e con i luoghi”, il dovere, “lo spirito associativo e d’amicizia, la civiltà rurale; con l’attenuazione in seguito nelle nuove patrie di certi tratti originari ad opera delle “dinamiche sociali e culturali del presente”. Altri tratti culturali invece persistono. E nuovi tratti emergono a causa di questa “cittadinanza dell’altrove”, dai mossi e ampi contorni.

 

La spiegazione del successo economico dei molisani venuti a vivere in Nord America è da ricercarsi in certi tratti specifici della cultura molisana, ma anche nel dinamismo che caratterizza in genere gli immigrati.  L’apprensione per il futuro suscita nei trapiantati un forte spirito di adattamento, con l’accettazione delle difficoltà e una spinta al duro lavoro, al risparmio e al sacrificio. Chi si trova a vivere in una società che agli inizi gli è estranea, sente di non avere grandi scelte se non d’impegnarsi a fondo nel lavoro; non solo per le responsabilità familiari cui deve far fronte, ma anche per dare un senso alla sua decisione di essere venuto a vivere lì. Da non sottovalutare il fatto che, in un paese come il Canada, l’assenza di una burocrazia invadente e il pragmatismo al posto dell’ideologismo e della faziosità politica e del nepotismo – tare invece italiane – facilitano la riuscita di progetti di lavoro anche audaci.

 

I personaggi e le vicende che troviamo in “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora” dimostrano che l’interazione tra i trapiantati e il mondo d’accoglimento può fornire un forte stimolo sul piano culturale. Il libro è appunto consacrato a questi intellettuali.

 

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Dall’opera di Norberto Lombardi emerge che la decisione di emigrare riguarda assai spesso delle famiglie in cui nel passato un membro era andato a vivere per un certo tempo all’estero. 

 

Michele Pirone, molisano di origine ma napoletano di adozione e morto a Montréal, persona per me indimenticabile, mi raccontava che suo padre aveva trascorso un lungo periodo negli Stati Uniti, acquisendo anche la cittadinanza americana. Ed infine il genitore tornò in patria, in famiglia. Ciò mi colpì molto perché Michele non aveva nessun rapporto né sentimentale né culturale con gli Usa, cui invece suo padre, rientrato in Italia, rimase sempre legato. Ma Michele Pirone, da Napoli dove viveva e dove aveva una posizione come avvocato, e in età non più giovanile, decise di emigrare in Canada, con la moglie e la figlia.

 

È un tema che si presterebbe ad un’analisi approfondita: la decisione di emigrare per stabilirsi in un Paese già presente in casa propria nella fantasia e nei sentimenti, perché in quel Paese era emigrato in precedenza un ascendente o un membro della propria famiglia, rimanendovi per un certo tempo o talvolta per sempre. Si potrebbe parlare in questi casi della presenza virtuale, in casa propria, di un Paese su cui non si è mai messo piede ma di cui si è sentito tanto parlare fin da bambini. E che un bel giorno ci spinge a partire.  Un esempio tra i tanti tratti dal libro di Lombardi: la madre di Giose Rimanelli era nata a Montréal ma poi, ancora ragazza, era tornata con i genitori a Casacalenda, ma con uno “spirito di ritorno verso la terra che le aveva dato le origini”. Per il giovane Giose, grazie a questa genitrice nata a Montréal, l’idea del Canada, anzi dell’America, “era diventata una tensione interiore verso l’altrove”. (Continua)

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