Mi ero detto nel passato: dovresti scrivere un articolo sulla maniera in cui USA e paesi europei dimostrano disprezzo verso ciò che rimane dell’Unione Sovietica e verso Putin. Dopo tutto, l’impero sovietico è crollato, ed è crollato il comunismo aggressivo ed espansionistico. Occorrerebbe invitare Putin a una sorta di alleanza con il resto d’Europa. Ma evitai di scrivere sul tema, poiché non mi piacciono gli strateghi da salotto che enunciano alte strategie sui problemi mondiali. Adesso, dopo quanto è successo con l’aggressione all’Ucraina, invece me ne pento.
Papa Bergoglio ha detto: “Forse ‘l’abbaiare della Nato alla porta della Russia’ ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. ‘Un’ira che non so dire se sia stata provocata — si interroga — ma facilitata forse sì’.” Il Papa attuale, molto politicizzato, ha per una volta – secondo me – visto giusto.
Non credo che ciò che avviene in Ucraina modifichi le idee, le credenze, le fedi che ognuno di noi aveva già prima dell’invasione russa. Anche i miei giudizi attuali sugli eventi derivano da un retroterra di idee e di sentimenti, e dal mio vissuto, che i fatti presenti non modificano ed anzi confermano.
Nel teatrino italiano dei talk show, in cui “Ucraina” ha rimpiazzato “pandemia”, trionfano un buonismo e a un pietismo da palcoscenico, cui si accompagnano esibizionismo e una quasi isteria. La guerra in Ucraina serve agli italiani a montare in cattedra e a regolare i conti con gli avversari ideologici. Quella guerra lontana diviene nello Stivale una guerra intestina, civile, personale…
L’espressione “interesse nazionale” evoca nei nostri virtuosi “cittadini del mondo”, così aperti al Diverso straniero, la visione di aggressioni armate, di campi di prigionia, di massacri… Commessi da noi, beninteso.
È arrivato il tempo di ricordare, invece, che nel passato molti italiani si sentivano affratellati all’URSS. Già nel 1930, Palmiro Togliatti sentenziò: “È motivo di particolare orgoglio aver rinunciato alla cittadinanza italiana perché come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più. Come cittadino sovietico sento di valere 10mila volte più del migliore cittadino italiano.”
Oggi è invece la “cittadinanza americana” ad essere molto ambita dai nostri. E penso che Draghi ne abbia sempre avuta, idealmente, una in tasca.
Parlavo del mio “vissuto”… L’accoglienza generosa dell’Italia ai rifugiati ucraini non può non ricordare a noi, della Venezia Giulia e Dalmazia, che fuggivamo dal paradiso jugoslavo dei lavoratori, gli appellativi che i comunisti ci riservarono nello Stivale: “relitti repubblichini”, “criminali”, “carnefici”. E anche: “In Sicilia hanno il bandito Giuliano, noi qui abbiamo i banditi giuliani”. Un manifesto del 1947, affisso a Monfalcone, diceva così: “Monfalconesi, antifascisti tutti! Chi sono gli esuli istriani? Essi sono coloro i quali temono il Potere e la Giustizia del popolo! Individui compromessi con il fascismo, borsaneristi ed affamatori del popolo! L’Istria non è più il terreno per i loro sporchi interessi, essi levano le tende e pensano di installarsi in gran parte a Trieste ed a Monfalcone per poter liberamente continuare le loro gesta criminose a danno del popolo lavoratore. (…) “Via da questa terra gli esuli istriani!””
Poi il Muro antifascista di Berlino crollò e con il rompete le righe impartito dalla storia ai nostri utili idioti si cominciò a parlare per la prima volta, dopo mezzo secolo di silenzio, di foibe, se non altro una volta all’anno in occasione del Giorno del Ricordo. Con l’immancabile intrusione però dei negazionisti, e con le profanazioni di targhe e gli insulti da parte degli antitaliani di oggi; eterni cultori degli odi civili, e degni eredi degli ardenti filojugoslavi e filosovietici di ieri.