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L’oltre della Pasqua

 

MONTRÉAL – Dovremmo sempre passare oltre. Liberarci dalla schiavitù della nostra personale e relativa percezione delle cose. Dovremmo pensarci, in quanto esistenti, sempre in uno stare fuori, in un tendere all’Altro, al di là dell’angustia del nostro piccolo, tiepido e chiuso giardinetto. E invece, dopo essere stati sulla Luna, continuiamo, come umanità, a farci lupo tra i nostri simili, ad affermare, con la forza di armi sempre più sofisticate, nuovi confini, e a restare, come direbbe Quasimodo, prigionieri di una nuova carlinga, sempre pronta allo sterminio. Possibile che la Storia non ci insegni nulla? Spesso mi spingo a suggerire che dovremmo tutti conoscere l’esilio, quella sensazione di ritrovarci fuori dal suolo in cui si è nati, e così avvertirci sostanzialmente stranieri in patria, esistenzialmente estranei a quello che crediamo di aver conosciuto a fondo. Ricordo le mie passeggiate romane, ai tempi in cui vivevo nella Capitale, e mi sovviene la sensazione di chi, dopo più di trenta anni, non aveva ancora acquisito l’abitudine di vivere immerso nella “Grande Bellezza’’. Detesto le abitudini. L’abitudine rinvia all’abito e questo all’habere, all’avere qualcosa, al possedere quel qualcosa tanto da non prestarvi più attenzione. Non dovremmo mai abituarci alle cose, mai vestirle e sentirsele addosso tanto da dimenticarle; dovremmo sempre sentirci ad esse estranei, stranieri, amanti, desideranti. In fondo, si ama e si desidera quel che non si ha. Ecco perché la mia postura ontologica è da sempre rivolta alla disappartenenza, alla tensione verso qualcosa che non radichi, che non imprigioni in una prospettiva disattenta all’Altro. Mi piace pensare questo, nell’imminenza della Pasqua, di questo passare oltre che ancora fatichiamo a declinare. Di questi tempi volano parole grosse: fine, distruzione, riarmo, annichilimento dell’avversario, vittoria di una guerra. Ma davvero si pensa ancora che una guerra si possa vincere? Con che occhi stiamo guardando i nostri figli? Con quali argomenti stiamo prospettando loro il futuro, se non riusciamo a vedere un oltre di fratellanza, di convivenza, di pacifica evaporazione di confini ostili? Abbiamo davvero bisogno di farci fotografare mentre prendiamo a pugni un sacco da boxe?

Buona Pasqua a tutte e a tutti!

 

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