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Lo zibaldone Vincenzo Thoma. Il gioco della guerra

Tutti sanno che la matematica si è spinta ad analizzare, oltre che numeri e spazi, anche certi aspetti dell’agire umano, individuando delle strutture che sono alla base di alcune nostre decisioni nella vita di tutti i giorni. Einstein usava dire che la vita, in fondo, non è che un gioco. Non sorprende, allora, che sia nata, in ambito logico-matematico, la teoria dei giochi, una disciplina che osserva le strategie che adottiamo nelle relazioni con il prossimo. Nello studio dei rapporti competitivi tra gli individui, questa teoria distingue il gioco a somma zero dal gioco a somma diversa da zero. Vediamo di capirci qualcosa.

Il criterio del gioco “a somma zero’’ è che al guadagno di un individuo corrisponde la perdita equivalente di un altro, tanto che sommando vincita e perdita avremo la cifra zero. Prendiamo, ad esempio, una partita a poker: se A vince 100 dollari, ci sarà giocoforza un B che ne perde altrettanti 100. Tutto è controbilanciato nel gioco “a somma zero’’: a un vincitore corrisponde un perdente. Nettamente diverso è, invece, il criterio del gioco “a somma diversa da zero’’; in questo caso, alla vittoria (o alla sconfitta) di A corrisponde anche la vittoria (o la sconfitta) di B. Come dire che nel gioco “a somma diversa da zero’’ siamo virtuosamente o tragicamente uniti. Ci sono solo vincitori. Oppure solo perdenti.

Un giorno, un amico mi ha proposto una sigla che, secondo lui, sintetizza i tempi in cui viviamo: siamo nell’era dell’ego.com. A ben vedere, siamo davvero rinchiusi in un insano monadismo. Siamo convinti che tutto si risolva in un “mors tua, vita mea’’. A partire dalla scuola fino al mondo del lavoro, la nostra contemporaneità deve fare i conti con una concorrenza spietata e pronta a tutto, pur di prevalere. Non c’è spazio per l’idea di fallimento, di ripensamento, di ripiegamento interiore. Vince chi arriva primo, anche se questo significa passare sul “corpo’’ dell’avversario. È l’applicazione illimitata di un “gioco a somma zero’’, in cui vale la prestazione, l’esibizione della propria forza, con l’obiettivo di sconfiggere il proprio avversario. Eppure, la pandemia e il rischio di una guerra nucleare dovrebbero illuminarci e farci comprendere che viviamo, invece, all’interno di un colossale “gioco a somma diversa da zero’’. La storia dovrebbe averci insegnato che non esistono vincitori e perdenti in una guerra. Che l’assassinio di un solo essere umano decreta la macabra evaporazione di qualsiasi senso della nostra esistenza. Che si esce tutti sconfitti da una guerra. Che non c’è in essa nessuna futuristica “igiene’’.

La vita è davvero un gioco a somma diversa da zero, a conti fatti. Speriamo di non dovercene mai render conto in un “muoia Sansone con tutti i Filistei’’.

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