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Lo Zibaldone di Vincenzo Thoma: sull’amore

Che cos’è l’Amore? Una domanda che, nel corso della storia dell’umanità, ha affascinato artisti, poeti, filosofi, scienziati, così come anche la riflessione della gente comune. Che cosa spinge una mamma a sacrificare persino la propria vita affinché quella del figlio possa vedere la luce? Che cosa lega due persone fino alla fine dei loro giorni, tanto che alla morte di una di loro potrebbe seguire quella dell’altra? Che cosa ci induce a concentrare tutte le nostre pulsioni affettive nei confronti di un individuo, a progettare, fare, disfare, solcare oceani, estirpare le proprie radici e disperatamente tentare di innestarle in un nuovo altrove? Che cos’è l’Amore?

Al lettore che si sta soffermando tra queste righe, dico subito che non troverà risposte esaustive. L’enigma è lungi dall’aver trovato una soluzione. Platone fa dire a Socrate, nel Simposio, che l’ Amore dovrebbe risolversi nel soffrire la mancanza e l’assenza di chi si ama,
senza poter mai raggiungere la persona amata. Dante, anche se ricorda che chi è amato non può, a sua volta, non amare, si ritrova quasi costretto, nella Divina Commedia, a collocare gli amanti disperati in una dimensione infernale. Secoli dopo, Freud, nel tentativo di districare il groviglio del nostro inconscio, sentenziava che, l’Amore, altro non sarebbe che il disperante disegno di ritrovare noi stessi in chi si crede di amare: un vano gioco di specchi in cui, diciamocelo chiaramente, il protagonista è sempre il nostro “ego”. A rincarare la dose freudiana, ecco la tesi di Lacan sulla (sic!) “inesistenza del rapporto sessuale”: in altre parole, sull’impossibilità che il nostro “ego” possa davvero fondersi con l’ “ego” della persona che pensiamo di amare. Ancora una volta, si rimarrebbe schiavi di una solitudine mitica che l’incontro con l’Altro non risolve e non sana. Si resterebbe, sempre e in buona sostanza, soli. Gettati sul mondo. Alle prese con il problema di ritrovare u senso all’angoscia dell’esistenza.

Eppure, quella donna che rinuncia a sé per un figlio che nasce, quell’insegnante trucidata dalla furia di uno spostato per fare scudo ai suoi piccoli alunni, quel carabiniere che offre la sua vita per salvarne decine di altre – e gli esempi potrebbero continuare – non sono forse la prova che l’Amore per l’Altro esiste? Che, a dispetto di quel che ne abbiano pensato Freud e Lacan, siamo capaci di annullarci nella vita di chi amiamo? Nelle sue Confessioni, Sant’Agostino sintetizzava l’essenza dell’Amore in quel “Volo ut sis” “voglio che tu sia’, che tu sia libero di essere quel che vuoi essere, senza che il mio amore sia per te zavorra, peso, impedimento. È questa la verità sull’Amore che implorava anche il grande poeta W. H. Auden: l’Amore può avere il profumo di una “coppia di pigiami” o, al contrario, quello di un “prosciutto in un hotel per sobri”. L’Amore è paradiso e inferno; è tensione continua ed inesausta. Io mi permetto di aggiungere che l’Amore è quando ogni verbo è coniugato innanzitutto al “tu”. Tu: la prima persona di ogni verbo d’Amore.

E l'”io” nel mare dell’Altro naufraga.

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