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Lo Zibaldone di Vincenzo Thoma: L’i-solitudine

L’invasione russa dell’Ucraina ci pone drammaticamente, e ancora una volta, davanti al dilemma del porcospino, un’immagine che servì al filosofo Arthur Schopenhauer per rappresentare la paradossalità della nostra esistenza: un’umanità aculeata che, sì, cerca il contatto fisico con l’altro al fine di trovare tepore davanti alle intemperie della vita, ma che non riesce inevitabilmente a non ferirsi con i pungiglioni del prossimo.

E soprattutto ferire anche quello. L’animale politico a cui pensava Aristotele è da sempre un lupo per gli altri uomini, come dicevano i Latini di Plauto, e come anche Hobbes ricordava, giustificando la necessità di uno Stato tentacolare e panottico che riduca la nostra libertà di aggredire il vicino. Eppure, in nome di nuovi armati leviatani, ecco oggi un altro pezzo di terra da infilzare con bandiere e missili nucleari a lunga gittata. “Ça va sans dire, per allontanarne altri’’ (sic). Quindi, al diavolo sovranità, diritti umani, lingue, tradizioni religiose, speranze, progetti, vite violate!

Ammettiamolo: siamo incapaci di Pace. Ci ritroviamo gettati nel vortice dell’esistere, in dolorosa collisione con l’Altro. E soprattutto siamo ‘’soli’’. Soli, ma irrisplendenti, e a volte senza lune a cui rivolgerci. Tanto soli che la ricerca del conflitto diventa spesso facile soluzione all’insopportabile consapevolezza della nostra marginalità davanti al mistero dell’esistere. Pugno, ergo sum, sembriamo gridare ancora, ‘’descartes” invasati e allucinati, l’uno contro l’altro.

In ‘’Diceria dell’untore’’, Gesualdo Bufalino, conia un neologismo meraviglioso, ‘’isolitudine’’. Con buona pace dei versi di John Donne che cantava l’impossibilità per ogni individuo di considerarsi un’isola rispetto all’Altro da sé, Bufalino, al contrario, fonde mirabilmente l’idea della solitudine e quella dell’insularità, elementi quasi consustanziali dell’esistere di ciascuno di noi. Oggi potremmo vedere l’isolitudine dello scrittore siciliano come ‘’i-Solitudine’’, specialmente ad osservare i nostri figli, iperconnessi e allo stesso tempo confinati, socialmente distanziati (e non è solo un problema di questi tempi pandemici), impreparati ad affrontare una realtà che continua ad aguzzare i suoi pungiglioni. Mentre da una parte di questo incandescente granello di sabbia, altri istrici feriti si sradicano ancora, alla volta di un nuovo altrove.

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