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Lo zibaldone di Vincenzo Thoma: il tempo e la gratitudine

Sartre diceva che la Morte si vede solo nell’Altro. Eppure, mai come di questi tempi, abbiamo sentito anche sulla nostra pelle la concretezza del morire. Mai, come di questi tempi, siamo ritornati a considerarci non ‘’i viventi’’, bensì quelli che i Greci definivano ‘’brotoi’’, cioè ‘’i mortali’’. Solo gli esseri umani, infatti, hanno la coscienza del morire. E nella fragilità del tempo attuale, la consapevolezza del nostro essere di passaggio ci avrà forse indotti a scoprire la differenza tra “momento’’, ‘’attimo’’ e ‘’istante’’.

Il momento è una parte di tempo che sfugge inesorabilmente perché etimologicamente in ‘’movimento’’, ed è di solito vissuta, quasi con noncuranza, da colui che allegramente ospita in sé la sensazione dell’eternità, dell’invincibilità, e per questo crede di avere un’infinità di momenti da perdere, senza l’angoscia di non vederli più tornare. Il ‘’momento’’ il tempo della gioventù, vissuta come nel ‘’Trionfo di Bacco e Arianna’’ dei famosi versi medicei: con lieta irresponsabilità.

C’è, poi, anche l’attimo di chi “prsente’’ e si ferma a considerare il tempo, avvertendo in esso quasi un che di sinistro che spira dall’anima, un ‘’atomizzare’’ il giorno per giorno in un inesorabile continuum temporale verso il divenire delle cose che, dal Nulla, al Nulla ritornano. Infine, l’istante, quella parte di tempo davvero difficile da concepire e visualizzare; si tratta di quel tempo capace di ‘’stare’’, pur muovendosi e sfuggendoci: quel sabbioso scivolarci di secondi tra le mani con la sensazione, però, di averli vissuti con intensità tale da lasciarci in eredità la loro granulosità, il ricordo indelebile di un tempo da ricercare e mai davvero perso.

Ecco, credo sia in quell’istante che viva la gratitudine. Nel tempo del consumo forsennato, in cui persino l’amore cade nella desuetudine e si trasforma nella ricerca affannosa di sensazioni effimere e sempre insoddisfacenti, dovremmo soffermarci sull’istante, ed imparare a dire ‘’grazie’’ per quel che abbiamo e non rimpiangerlo solo quando lo abbiamo perso. Dovremmo, come diceva Sant’Agostino, desiderare quel che si ha ed apprezzarlo nell’istante in cui ci accorgiamo di averlo e di quanto ricchi siamo: l’istante in cui colui che ci ama ci offre un sorriso al mattino. L’istante in cui un raggio di sole ci spinge ad agire e a far sì che le cose possano migliorare. L’istante che, come direbbe John Donne, fa morire persino la Morte.

Un ‘’grazie’’ non è mai di troppo, e ci aiuta a dare un senso alla vita: la solidarietà davanti all’apparente vanità ed insensatezza del Tutto.

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