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Le forme del desiderio

Tantissimi occhi rivolti al cielo, la notte del trentun dicembre scorso. Con meraviglia o con terrore (il thauma aristotelico è entrambe le cose ), davanti alla furia pirotecnica che in alcune parti del mondo ha ancora ben poco di festoso. Va da sé, prospettive e latitudini diverse. Eppure, gli astri sono sempre quelli, che si festeggi o si muoia. I sidera. Quei corpi celesti che nelle lingue latine servono ad esprimere l’umana volontà di ottenere, di desiderare qualcosa che ci manca. Sant’Agostino, al riguardo, è perentorio: la felicità sta nel desiderare quello che si ha. Con buona pace del Nostro amato santo, andiamo a dirlo a chi, invece, vede nella luna e nelle stelle lontane un nuovo fuoristrada, una casa più lussuosa, un guardaroba che segua la tendenza… e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Desiderare è, nella società dei consumi e dello “spettacolo’’, un conato ad ottenere qualcosa di cui spesso non conosciamo neanche l’essenza, ché altrimenti capiremmo di non averne bisogno. Quando penso al desiderio, riecheggiano in me certe riflessioni di Spinoza, e al moto diametralmente opposto che il grande filosofo imprime a questo nostro impulso: si desidera autenticamente quello che non c’è più. Siamo, con Spinoza, davanti a un desiderare che nasce dalla memoria di ciò che davvero conta, di ciò che abbiamo forse conosciuto ma che abbiamo dimenticato o lasciato sullo sfondo. Penso al desiderio della pace, della collaborazione, della fraternità. Non sono obiettivi astratti, ma realtà che abbiamo  percepito, seppur fugacemente, in momenti di armonia con noi stessi e con gli altri.

 

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Desiderare la pace, ad esempio, non significa semplicemente volere l’assenza di guerra,  ma cercare attivamente un equilibrio interiore ed esteriore che favorisca l’armonia tra le persone. Allo stesso modo, desiderare la collaborazione non è soltanto un’aspirazione generica alla cooperazione, ma un impegno concreto verso la costruzione di relazioni fondate sulla fiducia e sul rispetto reciproco. E la fraternità, forse il desiderio più urgente dei nostri tempi? Viviamo in un’epoca caratterizzata da divisioni sempre più profonde: politiche, economiche, sociali. La fraternità, nella visione spinoziana, non è un sentimento ingenuo o utopico, ma una realtà possibile, un desiderio che nasce dalla comprensione che la gioia di un individuo non può essere disgiunta dalla gioia collettiva. Penso a un desiderare che ci metta in gioco, che ci renda protagonisti, che sfugga all’attendismo della Provvidenza.

 

Cosa desidero? Che al conato impulsivo di chi vuole sempre la novità possa subentrare il desiderio di vivere il mondo in una progettata e solidale età dell’oro. E vedere Dio nella Bellezza della Natura, aggiungerebbe Spinoza.

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