Leggiamo insieme: “Nuda sei semplice come una delle tue mani / liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente, / hai linee di luna, strade di mela, / nuda sei sottile come il grano nudo”. Ci viene naturale pensare che l’autore di questi versi abbia del sentimento d’amore una coscienza talmente profonda e autentica da consentirgli un meraviglioso straniamento della sua espressione poetica, riuscendo, così, in una rappresentazione che giunge a dire dell’amore cose nuove, altrimenti ineffabili. Non a caso, si tratta di un premio Nobel per la letteratura. Eppure, l’uomo che si cela dietro la bellezza di queste immagini è lo stesso che ha abbandonato la figlia di due anni affetta da idroencefalite e destinata a morire, poco tempo dopo, senza l’amore del padre. Lo stesso che ha impedito di fatto che la moglie potesse sfuggire alla persecuzione dei nazisti. Lo stesso che non esita a confessare, in una prosa lucida e fredda, di aver stuprato una giovane donna singalese, da lui definita, nel momento della violenza, ‘’un timido animale della giungla…con gli occhi spalancati per tutto il tempo, completamente inerte…’’. Quel poeta e quell’uomo sono Pablo Neruda.
La lista di artisti che in vita si sono resi protagonisti di atti moralmente esecrabili, a volte sconfinanti nel mostruoso, è lunga: pensiamo a Caravaggio, a Wagner, o a Woody Allen e Roman Polanski, tanto per fare esempi a noi più vicini. Qual è l’atteggiamento da mantenere nei confronti di artisti i cui armadî ospitano scheletri ancora scricchiolanti? Restare ancorati al giudizio estetico dell’opera oppure farsi condizionare dalla mostruosità del suo autore e rifiutarne ogni espressione artistica? Azzardo: forse la ‘’mostruosità’’ è perversamente parte del farsi dell’opera d’arte? Walter Benjamin diceva che alla base di ogni capolavoro si nasconde un mucchio di barbarie. Mi attraversa il sospetto che dovremmo disarcionare l’autore dall’opera, vedere nell’opera artistica, semmai, una coralità, una polifonia che prescinde dalla voce dell’autore, diventato, esso, mero veicolo, spesso inconscio, di un qualcosa che lo sovrasta. Oscar Wilde affermava: rivelare l’arte e nascondere l’artista: ecco il fine dell’Arte.
E continuiamo a leggere i versi dei ‘’pabloneruda’’.