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La terza età

Le tre età è il titolo che identifica due opere differenti: una del pittore rinascimentale Giorgio da Castelfranco, noto anche con il nome di Giorgione, e l’altra di Caspar David Friedrich, un artista tedesco operante a cavallo tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, in pieno Romanticismo. Malgrado la coincidenza del tema – i tre differenti stadî della nostra vita -, questi dipinti ci offrono due visioni contrapposte della terza età. Nel quadro del Giorgione, la figura dell’anziano osserva, ammiccante, lo spettatore, quasi a suggerirgli un memento senescere che sembra non tanto mettere in risalto la nostra mortalità, quanto invitarci a considerare l’importanza di vivere l’istante in tutta la sua intensità. Mi piace sottolineare che si tratta di un istante, di ciò che “sta’’, e non già di un momento, quindi di qualcosa che “si muove’’ e scorre. Il Tempo, nella visione del Giorgione, è ciò che noi stessi siamo in grado di creare, cristallizzandolo come precise note di un pentagramma. Nel quadro del pittore veneto, i tre personaggi sono in realtà la stessa persona: lo spartito che il giovane tiene fra le mani e che l’adulto alla sua sinistra indica e commenta rappresenta una metafora della vita, vissuta in totale armonia, katà metrón, come direbbe un greco dei tempi antichi, cioè secondo misura, come se si trattasse di eseguire una sinfonia e curarne l’esatta sequenza dei momenti musicali, delle pause, dei silenzi.

 

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Al contrario, nell’opera del romantico Friedrich, la figura dell’anziano volge il viso al mare; ad essa fa da contraltare l’imbarcazione maggiore del quadro. Qui, la vita è vista nel suo inesorabile divenire, nell’inarrestabile panta rei dei nostri giorni. Tutto sembra sfumare all’orizzonte, si avverte un sentimento di distacco e si ha l’impressione che l’uomo, dando le spalle allo spettatore, intenda significargli, se non un disprezzo delle cose, almeno la vanità di esse rispetto a un “oltre’’ intravisto o quantomeno sospettato. In fondo, nell’opera di Friedrich vive la stessa ansia d’infinito che si ritrova in altri suoi dipinti, come nel celebre “Viandante sul mare di nebbia’’.

 

Mentre la terza età di Friedrich esprime la malinconica accettazione della caducità dell’esistenza, vista come un ineluttabile precipitar di foglie sulla terra a ridiventare polvere, quella di Giorgione si carica di una consapevolezza stoica della ciclicità del divenire e offre allo spettatore la visione di una continuità dell’esistenza tutta terrena, intesa come passaggio di consegne alle generazioni future.

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