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La storia d’amore (e di vita) di due giovani immigrati. Simone & Chiara

Da Padova a Montréal, con la famiglia e Sant’Antonio nel cuore

 

Simone Cacco, classe 1985, è uno dei 355mila giovani tra i 25 ed i 34 anni che, secondo gli ultimi dati Istat, dal 2008 al 2020 sono ufficialmente espatriati. Una storia di emigrazione che, come tante, è un concentrato di sentimenti contrastanti: curiosità, entusiasmo, voglia di futuro, soddisfazioni, ma anche rimpianti, nostalgia e sensi di colpa. Quella di Simone non è da meno. Trasferitosi a Montréal nel maggio del 2017 con la compagna Chiara, oggi svolge un lavoro appagante, ma soprattutto, nel settembre 2021 è diventato papà in una città multietnica di cui apprezza il senso civico, il rigore e l’accessibilità dei servizi. Eppure, già sa che prima o poi tornerà nella sua Camin, quartiere di Padova dove è nato e cresciuto. Perché ci sono valori, come gli affetti familiari, che nessun paese al mondo potrà mai restituirgli. Valori che gli ha trasmesso la Parrocchia del Santissimo Salvatore di Camin, dove da giovanissimo è stato animatore dei centri estivi e dei campi scuola. Laureato in Statistica nella Gestione delle Imprese, nel 2005, a soli 20 anni, è stato assunto come Operatore Informatico da Safilo, azienda veneta che, fondata nel 1934, produce e distribuisce occhiali, impiega 5125 dipendenti e vanta oltre 40 sedi in tutto il mondo. Nel 2017, Simone accetta di trasferirsi in Canada: “Ho sempre voluto fare un’esperienza all’estero ed ho subito accettato Montréal, la città più europea in Nord America”. Simone gestisce il reparto informatico per la succursale canadese: si occupa di “sicurezza della rete, help desk, manutenzione sito, B2B e gestione degli ordini”. “All’inizio ero molto diffidente: i Quebecchesi erano estremamente gentili, mi sentivo quasi preso in giro. Poi ho imparato a conoscerli: tutti rispettano le regole, la burocrazia funziona, le tasse sono ragionevoli, i servizi bancari sono accessibili, si fa la fila per entrare e scendere dagli autobus. Non importa se sei bianco, nero, cattolico, ebreo o musulmano: sei valutato solo per le capacità. In Italia, invece, ci sono ancora troppi pregiudizi: sei giudicato per l’abito che indossi, la macchina che guidi, la persona che frequenti”. Ma non basta: “Vado in vacanza in Italia almeno due volte all’anno: ci mancano gli affetti familiari e probabilmente prima o poi ci torneremo definitivamente. Mi mancano anche il clima, il mare, i profumi, i sapori, ma se tornerò sarà solo per la famiglia”. A tenere legato Simone alla sua terra è anche la fede: “Se sei di Padova, Sant’Antonio è il Santo per antonomasia. Un emigrante anche lui, visto che è nato in Portogallo. Quando entri nella Basilica, respiri la storia. Quando poi ti avvicini alla tomba, avverti un’energia straordinaria. L’ultima volta che io e Chiara abbiamo toccato la tomba ci siamo commossi. E dopo qualche tempo è nato Tommaso”. Ecco perché Simone vede il suo futuro in Italia: “Emigrare è stata una scelta un po’ egoistica: fai soffrire i nonni, che non hanno più tanti anni di vita, ed i genitori. La lontananza è micidiale. La vita è fatta di legami, un giorno torneremo. Ma non sarò più la stessa persona partita 5 anni fa: Montréal mi ha cambiato per sempre. Il mio cuore resterà diviso in due e sono sicuro che quando tornerò nella mia Camin mi mancheranno tante cose del Canada”.

 

* Articolo uscito sull’edizione per l’estero del Messaggero di Sant’Antonio

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