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La Sagra del grano | La trasmissione degli antichi valori

A Jelsi (Molise) la festa del grano in onore di Sant’Anna viene celebrata con grande devozione, spettacolarità e bellezza e grande partecipazione di pubblico (26 luglio). Questa sagra viene replicata qui a Montréal, su scala beninteso molto ridotta, l’ultima domenica di agosto. Io considero che attraverso questa festa gli jelsesi di Montréal compiono un ammirevole tentativo di trasmettere ai propri figli e nipoti un prezioso retaggio identitario, basato sui valori della tradizione. Anche se questi valori si collocano al di là e non al di qua dell’Oceano. Ma la nostra civiltà italiana, anche quella a base rurale ossia contadina, ha tanti insegnamenti da dare.

 

Questa fedeltà al passato è uno sprone per la riuscita nella vita, perché fornisce le certezze morali necessarie per affrontare validamente un mondo pieno di incertezze e di cambiamenti. Nel quale tanti pilastri della civiltà tradizionale, proprio in questi ultimi decenni, sono miseramente crollati. Ed hanno creato un pericoloso vuoto.

 

La tendenza al distacco dal mondo dei padri da parte dei figli – fenomeno questo universale, e ben presente in particolare tra i figli degli immigrati italiani – è meno forte tra i nostri jelsesi, tanto che un nucleo di giovani, nati qui, e quindi in tutto e per tutto canadesi, sentono l’importanza della sagra del grano, evento ricco di suggestioni cristiane e anche pagane, e cercano di dare una mano ai loro padri nel preparare le traglie e gli altri addobbi della sfilata. Alcuni di loro nel passato sono stati anche a Jelsi, e hanno assistito alla straordinaria Sagra del grano, visitando inoltre il Museo di Comunità della Festa del Grano, e conoscendo quindi dal vivo quel mondo contadino straordinariamente ricco di memorie, di tradizioni e di spiritualità.

 

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Lo scambio di visitatori tra Montréal e Jelsi, pur se in sé modesto, tocca l’acme il 26 luglio a Jelsi, e l’ultima domenica di agosto qui a Montréal (il ritardo è dovuto alla maturazione del grano canadese che avviene più tardi rispetto all’Italia), in occasione della Festa del Grano. A ragion veduta si dovrebbe parlare di rito e non di semplice festa folcloristica a proposito di questa sagra, come ben sa chi vi ha assistito; provando nell’intimo un senso di armonia con la natura, da rispettare e proteggere, e di cui il grano è l’elemento forse più prezioso anche perché reca un messaggio universale di laboriosità, di pace, di solidarietà tra gli umani, e di rispetto per Madre Natura.

 

Il riuscito radicamento, all’estero, degli jelsesi è dovuto non solo alle capacità individuali di gente che ha un’alta considerazione della famiglia e che è adusa al sacrificio, ma anche al forte spirito di solidarietà che esiste in seno ad una comunità di emigrati pienamente integrati alla società nordamericana, ma che non hanno volto le spalle al passato. I valori e anche certi stili di vita originari, la cultura insomma tra cui anche il dialetto, vengono orgogliosamente conservati, mentre un laborioso sforzo viene compiuto per cercare di tramandarli ai propri figli e nipoti.

 

Non sono queste parole retoriche, perché la straordinaria vitalità delle attività condotte dagli Jelsesi del Québec ha attratto l’attenzione degli studiosi del multiculturalismo canadese, i quali hanno condotto ricerche e pubblicato studi di tutto rispetto su questa particolare realtà.  Menzioneremo “De la Molise à Montréal. L’émigration dans le contexte d’après guerre: le cas particulier du village de Jelsi” (Mémoire de Master Histoire et Civilisation compares. Identités, alterités, histoire de l’Europe) [Flora Jouvencel], e “Dal Molise al Canada. La Jelsi di Montréal” Firenze: Edarc, 2020 [Claudio Antonelli].

 

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