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La guerra di Gaza e il pericolo dell’antisemitismo

La guerra condotta da Netanyahu contro Hamas, a Gaza, sembra aver intaccato l’unità ideale che esisteva tra gli ebrei. In particolare, in seno agli ebrei non sionisti della dispersione forte è il sentimento di disagio e di critica ai metodi di guerra israeliani, privi di pietà per la popolazione civile palestinese.

 

Molti ebrei avvertono il pericolo che da questi eventi riemerga l’abietto antisemitismo; a causa anche della presenza in USA e in Europa di un gran numero d’immigrati arabi. L’accusa di antisemitismo sembra aver già perso qualcosa della sua originaria forza paralizzante. La tremenda accusa costringeva, in Occidente, a grandi cautele chi, anche se in buona fede, nutrisse un solo dubbio sull’eterna innocenza, attraverso i secoli e i millenni, degli ebrei. Sulla versione ufficiale degli eventi della loro storia, in Europa, ha vigilato finora una sorta d’ “Inquisizione”; termine usato da Sergio Romano in reazione alle accuse di revisionismo e antisemitismo mossegli dopo la pubblicazione del suo saggio: “Lettera a un amico ebreo”.

 

Nessuna contestualizzazione storica degli eventi era tollerata, nessuna spiegazione era permessa circa le ragioni dell’oscuro morbo: l’antisemitismo, peccato originale da cui noi, non ebrei, saremmo afflitti fin dalla nascita.

È innegabile che gli ebrei subirono in certi periodi, anche prima dello sterminio hitleriano, gravi persecuzioni e furono oggetto di pregiudizi e discriminazioni. Ma ormai, dopo i fatti di Gaza, sul passato peserà il presente, e il realismo prenderà il passo su una storia sacralizzata che non ammette, in Occidente, interpretazioni non ortodosse; vedi  il boicottaggio spettato al libro di Solženicyn “Due secoli insieme”, perché non conforme alla Doxa.

 

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Il genocidio subito dagli armeni ha stentato ad essere riconosciuto. In questo diniego ha svolto un certo ruolo l’attivismo di ebrei convinti di possedere una sorta di triste monopolio sul termine genocidio. Qualcosa di simile è avvenuto per l’Holodomor, la tremenda carestia patita dall’Ucraina sovietica nel 1932-33.  Ed ecco che presso la Corte Internazionale di Giustizia si è aperta un’istruttoria in seguito all’accusa di “possibile genocidio” presentata dal Sud Africa in relazione alle tremende azioni di guerra condotte da Israele sulla popolazione di Gaza.  In conseguenza di tutto ciò, l’immagine che gli ebrei hanno attraverso il mondo rischia di subire dei ritocchi miranti ad imbruttirla. Basti dire che da vittime di genocidio vengono accusati, oggi, di genocidio. Un capovolgimento. E questa volta gli ebrei sono di nuovo vittime, ma vittime di Netanyahu e del suo governo estremista che inzaccherano il buon nome degli ebrei.

 

Gli eventi di Gaza hanno messo a nudo la forte presa che la lobby israeliana (“The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy”, J. Mearsheimer e S. M. Walt) ha sul governo americano. Infatti Biden, a causa di questo potente gruppo di pressione, non riesce a dissociarsi da Israele e a non inviare più armi a Netanyahu.

 

La pulizia etnica condotta dal governo Netanyahu a Gaza è stata innescata dalla bestiale violenza dei miliziani di Hamas, autori dell’incursione del 7 ottobre 2023. Il che però, a giudizio di molti, non giustifica l’operato delle forze armate israeliane. L’azione del 7 ottobre è la conseguenza a sua volta di eventi anteriori. E la lista delle azioni-reazioni tra gli israeliani e gli arabi, intervenute dal 1947-48 ad oggi, è molto lunga. La reazione di Netanyahu è andata ben oltre il limite del sacrosanto egoismo nazionale. Eppure molti israeliani non sembrano rendersi conto di questi eccessi. Eccessi che rischiano di alterare negativamente l’immagine che noi abbiamo dell’identità tradizionale ebraica, basata su una lunga storia d’ingiustizie da loro patite a causa degli eccessi altrui.

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