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La costruzione invisibile di una lingua

Karim ha 13 anni e guarda il vuoto, i suoi occhi quasi a passarmi attraverso. I suoi compagni di classe non sembrano neanche accorgersi egli esista, che occupi una parte dello spazio che li circonda. Karim ha il dono di un’invisibilità particolare, a volte dissolta nei geroglifici di cui affolla un foglio davanti a lui e che non somigliano affatto ai segni linguistici che ho tracciato sulla mia lavagna. Io avrei il compito, per due ore e mezzo alla settimana, di fargli conoscere la bellezza del mio idioma, la lingua del ‘’sì’’: l’italiano. Questo è un quadretto piuttosto frequente nel contesto di quella scuola inclusiva che intende favorire una progettazione didattica tale da accogliere ogni studente, quali che siano le proprie difficoltà. Karim (è ovviamente un nome fittizio) ha un disturbo dello spettro autistico: un rumore eccessivo ed improvviso lo disturba; il suo umore può cambiare all’improvviso; sembra sedotto e ipnotizzato da un ciondolo attaccato alla sua penna che osserva quasi fosse il monolito di “2001: Odissea nello spazio”. 

 

Karim è nella mia classe ormai da quasi due anni. Eppure, senza prendere appunti, senza avermi rivolto uno sguardo, oggi, mi snocciola in perfetta sequenza, e per giunta in un italiano impeccabile, gli eventi di un film che sto mostrando alla classe (di questi tempi mi servo, e con grande successo pedagogico, di un film di Gabriele Salvatores, “Il ragazzo invisibile’’), dandomi la prova di un ascolto e di una presenza di spirito insospettabili in un giovane con le sue difficoltà d’interazione sociale. Sono ormai 25 anni che insegno italiano e se c’è un aspetto di questa professione di cui sono fortemente convinto è che il suo successo non è il risultato di strategie predeterminate, di piani di lezione calcolati al millesimo di secondo (peraltro, questo è lo spocchioso nonsenso che in troppi ambienti accademici domina l’idea di come una lingua seconda o straniera dovrebbe essere trasmessa), di lavagne imbrattate di desinenze e di un “professorese’’ supercilioso e pedante. Posso provocare?

 

La costruzione di una lingua si fa diventando “mamme’’;  un aspetto che i maschietti insegnanti di lingua seconda o straniera dovrebbero considerare, andando a scavare in un sentimento nascosto di  “maternità’’ che è all’origine di una lingua. A Karim ho offerto, per mesi, comprensione per il suo silenzio, rispetto per il suo spazio e assenza di obblighi alla “prestazione’’. Karim ha “assimilato’’ nozioni fondamentali dell’italiano attraverso un ascolto discreto. Un ascolto che, in qualche modo, sospettavo egli mi stesse, comunque, fornendo. A modo suo. In maniera invisibile. Perché la costruzione di una lingua è soprattutto un evento magico, fatto di amore e comprensione. Una magia invisibile.

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