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La civiltà del divertimento | La parola d’ordine: “Divertiamoci, godiamocela!”

Con la modernità il divertimento è finito al centro, lasciando da parte il dovere, il sacrificio e le altre quisquilie. E noi festeggiamo a più non posso. E festeggiamo, beninteso, le date della vittoria sul male assoluto avvenuta tre quarti di secolo fa. Sorvolando sul trionfo dell’impero sovietico che asservì metà Europa e sulla americanizzazione dell’altra metà.

 

In omaggio al divertimento su scena, il telegiornale (Tg2) si conclude con una strizzata d’occhio al mondo dello spettacolo. Lo fa attraverso la trepidante presentazione di un artista alla moda, in genere un cantante; appartenente alla nuova generazione: spesso carico di tatuaggi e di perforazioni (piercings) e, almeno ufficialmente, bisessuale. Si parla del suo nuovo album come di un evento di portata mondiale. E questo esponente di spettacoli non sempre piacevoli, grazie alla distorsione ormai cronica del nostro senso critico viene innalzato a personaggio chiave del nostro universo

 

 

Internet, con cui interagiamo grazie al telefonino intelligente anche quando siamo seduti sulla tazza del WC, rende quasi inutili i contatti umani; ai quali del resto molti degli zombie delle reti sociali hanno da tempo rinunciato, non avendo più nulla da dire dal vivo essendo in parte già morti.

 

Persino i funerali terminano oggi con un applauso. E sempre in cerca dell’applauso noi ci esibiamo sul Web con foto degne dei vincitori di un Oscar.

Sempre per divertimento la pelle di tanti è tappezzata di tatuaggi. Sulle natiche di molte fanciulle in fiore c’è la segnaletica indicante il retto cammino, anzi il cammino del retto.

 

In Italia, Sanremo ha preso il posto dell’altare della Patria come luogo nazionale unitario, all’insegna non più del sacrificio ma del divertimento. Gli eroi italiani suscitanti un unanime giudizio d’approvazione sono Totò, Troisi, Benigni…  Oggi, a non riconoscere il genio comico di un Troisi o di un Benigni si rischia l’emarginazione sociale.

Il tipo umano standard italiano è da tempo caricaturale, grazie anche all’apporto di Arlecchino e Pulcinella, di Hollywood, e di una sconfitta-vittoria che noi devotamente celebriamo perché ufficialmente mise fine al male e alle guerre, in Italia e nel mondo.

 

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L’accettazione e la glorificazione degli omosessuali fanno sì che frequente sia la presenza su scena di una drag queen con piume, lustrini e occhi ammiccanti. L’affollamento in Tv, in trasmissioni serie, di quelli che un tempo creavano invece imbarazzo, è oggi d’obbligo perché suscitano simpatia, solidarietà, e ammirazione per la loro eccitante modernità.

 

Ci piace da matti il gioco di qualunque tipo esso sia; e assistiamo, applaudiamo, scommettiamo, e ci trastulliamo con i videogiochi e con i mille e un marchingegno creati dagli istruttori-ammaestratori di questo circo, nel quale ognuno di noi cerca, a gomitate, di mettere sé stesso al centro.

I graffitari ossia gli imbrattatori, nobilitati con il termine “writer”, riempiono i muri e le pareti della capitale italiana di scritte anche luride. Un tempo i graffiti erano in latino, poi sono stati in italiano e in dialetto, e oggi sono anche in inglese; e dalla suburra e dalle latrine si sono da tempo estesi al resto di Roma e all’Italia tutta. Questi vandali imbrattatori si divertono lordando a man salva i muri cittadini, forse in attesa che il Papa sociologo, e i buonisti e i progressisti, odiatori dei muri, riescano finalmente a farli sul serio crollare.

 

Lo slogan reazionario di un tempo “Dio, patria e famiglia” è stato rimpiazzato dal progressista “Divertiamoci, celebriamo, godiamo!”. Con un allarmante aumento però di denatalità, di solitudine, di consumo di droga, di disturbi mentali
e di suicidi.

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