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Il trionfo delle immagini cretine

La civiltà del divertimento

 

Nel mondo al contrario in cui viviamo l’immagine impazza, e noi non riusciamo a guardare qualcosa di nuovo, di bello, di sorprendente, senza scattare un’istantanea. Le più assurde cretinate sono propagandate in rete da chi cerca di porsi al centro di questa civiltà dello spettacolo dai mille centri. Gli “influencer” assumono nei blog le pose più ridicole. Nell’isola dei famosi, nel Grande fratello, e in altri programmi da pianeta delle scimmie, la dignità dell’individuo, sprofonda letteralmente nella sua cacca.   

 

Il selfie, con stick o senza stick, alimenta senza sosta questa decadenza basata sull’istantaneo, anzi sull’istantanea. Ciò che facciamo deve contare non solo per noi ma anche per gli altri, cui doverosamente inviamo l’immagine.   

 

Fotografarsi le parti intime e inviarle in giro col telefonino: gli orgogliosi protagonisti della civiltà dell’immagine eccellono in questa pubblicità di sé e del proprio apparato; non più riproduttore – nessuno si riproduce più, in Occidente – ma produttore di piaceri per i diretti partecipanti e per i “followers”. La cronaca giudiziaria ci fa sapere che certe donzelle gridano all’ingiustizia se le proprie foto intime, degne del Kamasutra, inviate da loro ad una ristretta cerchia di eletti, finiscono poi ignominiosamente in rete.    

 

Il nostro Rocco Siffredi, stakanovista del coito esibizionistico, tiene alto, anzi basso, in Ungheria dove vive ed esercita la sua nobile arte, l’onore italiano delle lenzuola. Dopo aver accolto dall’Ungheria “Cicciolina” (la nota pornostar Ilona Staller), che fu intronizzata nel parlamento italiano dai radicali e che dai banchi del parlamento continuò a far spettacolo, noi italiani abbiamo spedito nella patria di Attila, di Cicciolina e di Orban (e della madre di mia figlia.) il nostro onorevole maschione Siffredi, che insieme con l’appetitosa moglie ungherese ha aperto una mini cinecittà del sesso, riscattandoci tutti.   

Nel Belpaese, anche quando sono alla guida di un’auto i giovani vogliono divertirsi. Come? Facendo smorfie, sghignazzando, agitandosi, e riprendendosi col telefonino e soprattutto accelerando. Quando, dopo una notte di divertimenti e di bevute, rientrano a casa tutt’insieme, stipati nell’abitacolo, talvolta provocano un incidente fatale. Il quale suscita un lungo applauso finale, all’uscita della chiesa, per le bare di questi “bravi ragazzi” che hanno concluso la loro vita con una prodezza finale degna del lutto cittadino.   

 

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In TV lo scherzo e il divertimento impazzano, alternandosi alle diarree verbali dei talk show all’italiana, e all’horror dei film di violenza all’americana. L’humour sgangherato da “animal house” cioè da bettola, celebrato in Rete, è divenuto l’alimento spirituale di vaste schiere di giovani.     

Molti, anzi molte, passata la gioventù cercano di ringiovanire la propria immagine ricorrendo ai chirurghi estetici. E così tanti personaggi, anche famosi, hanno un viso rifatto, anzi strafatto, che solo i caricaturisti apprezzano.   

 

“Dobbiamo divertirci ad ogni costo”: è un obbligo morale facente ormai parte dei valori occidentali, per i quali noi combattemmo e sconfiggemmo, tre quarti di secolo fa, il male supremo, vanificando il suo programma così  diverso dal nostro.    

 

Fortunatamente oggi, in virtù del mondialismo, della globalizzazione, e della celebrazione del diverso, i popoli si arrogano il diritto di emigrare là dove ci si diverte di più. E le TV occidentali, con i loro programmi dai generosi montepremi e che mostrano donne scosciate, dalle tette e dai visi rifatti e dai gonfi labbroni invitanti, attirano stuoli di baldi neri via mare, ansiosi di potersi finalmente divertire anche loro.    

 

Il diritto al divertimento fa ormai parte dei diritti umani. Chi non si diverte è un disperato, e ai giovani disperati del terzo mondo è permessa dall’Onu, da papa Francesco, dalle ONG e dagli scafisti, la legittima ricerca del sacrosanto piacere europeo.

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