Cos’è il sentimento dell’assurdo se non un’opaca minaccia che ci sorprende mentre pensiamo all’armonia del Tutto? L’assurdo evoca – l’etimo non mente – un suono cacofonico che ci stride addosso improvvisamente. Eppure, a ben vedere, anche l’armonia può essere tetra e nascondere in sé un’arma che ferisce (le parole conservano percorsi semantici sorprendenti nel loro atavico ventre). E l’armonia è una di queste: luce ed ombra. E allora che si fa con l’assurdo? Tanto vale accettarlo come parte del gioco, rinunciando alla lusinga di costruzioni ingenuamente cartesiane. Nietzsche pensava che ogni volontà di sistematizzare la realtà fosse un segno flagrante di disonestà. Potremmo dargli torto? Come rinunciare a chiedersi se sia davvero possibile affidarsi ciecamente al potere taumaturgico di una Ragione insindacabile? Come non dubitare, magari proprio in queste ore, se sia davvero sensato credere di realizzare la pace attraverso la preparazione di altre improbabili ed esiziali guerre? Sembra non si riesca ad accettare il fatto di essere inesorabilmente immersi nel senso tragico dell’esistere. Non si vive autenticamente se non si ha questa consapevolezza. Personalmente, inorridisco davanti alla sicumera di chi ha ricette pronte per risolvere i problemi del mondo.

Qui, non si tratta di abbandonarsi alle fumisterie dell’irrazionalismo, ma di concepire un’idea di Ragione che non rinunci a dubitare, a farsi critica. Ché non illudiamoci: quel masso che stiamo strenuamente issando, noi immarcescibili sisifi, nella speranza di ancorarlo a una vetta sicura e realizzare la felicità eterna, finirà per rovinare, ancora una volta (e così all’infinito!) ai piedi di questa erta vallata che è l’esistenza. È così che Camus descriveva lo stridìo assurdo del nostro esserci. La soluzione? Non è certo la fuga dalla vita; Camus scriveva che restare in vita è già operare una scelta. Non è nemmeno il surplus di vita che Camus descrive nel mito di Don Giovanni. Non si tratta neanche di rifugiarsi nel grembo della Fede, come hanno fatto pensatori come Jaspers o Kierkegaard. Al non-senso, all’assurdo si reagisce con il darci la mano, con la solidarietà, con quella rivolta incessante di un noi che non rinuncia a trasportare in alto senza sosta la pietra dell’essere-al-mondo. Non c’è geometria o fede scientifica che tenga o chiarisca: la soluzione sta nello sguardo alla Bellezza delle nostre ferite, al riconoscerle, all’accettazione della danza con il Caos, al lasciarsi portare dal vento del dubbio senza rinunciare a ricercare, tutti insieme, il modo di resistere, di ribellarsi civilmente, di tendere l’orecchio alla dissonanza ed armonizzarla con l’arma dell’essere solidali, ginestre leopardiane emerse dal Nulla.