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Il modello maschile

La mia giovane collega (la chiamerò Alice) non trattiene le lacrime nella sala degli insegnanti. Sente sulla pelle l’ustione della disfatta. Una classe di adolescenti è riuscita a disarcionarla dall’entusiasmo di educatrice ricca di idee e progetti, di nozioni e schemi da applicare rigidamente, così come i corsi di formazione universitarî le hanno indicato. Già. Come se fosse questione solamente di mettere dati in un computer! La verità è che, specie al livello di scuola primaria e secondaria, non si tratta di riempire un secchio, ma di accendere un fuoco, come diceva Yeats parlando di insegnamento. E purtroppo, ad Alice sono bastati un paio di ragazzini non disposti a seguirla nel suo, sic!, ben architettato piano di classe perché tutto il clima degenerasse in caos e confusione. E come se non bastasse, ecco anche il de profundis del rimprovero ad Alice da parte un’altra collega di un’aula adiacente che accusa la nostra eroina di non saper gestire la situazione.

 

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Da insegnante di una lingua straniera a Montréal, com’è l’italiano, devo confessare di non essermi mai trovato in una situazione simile. Ho sempre sospettato che l’appartenere al genere maschile mi desse qualche vantaggio sulle mie colleghe. Poi, di recente, la scoperta dei risultati di alcune ricerche condotte da un’agenzia inglese specializzata nella formazione dei docenti ha confortato il mio sospetto, sollevando, però, anche una preoccupazione: la scuola primaria avrebbe urgente bisogno di insegnanti maschili. A beneficiarne, sarebbero proprio quei bambini che stanno rendendo la vita difficile ad Alice. La ricerca condotta su circa un migliaio di uomini adulti, chiamati a riflettere sul loro trascorso scolastico, ha evidenziato che la presenza di un insegnante maschile ha fornito un modello risultato fondamentale nel loro sviluppo intellettuale e comportamentale, spingendoli a lavorare sodo, a denunciare atti di bullismo, a riferire di problemi domestici, a porre domande sulla loro pubertà. Purtroppo, in Inghilterra, solamente il 13% del corpo insegnante qualificato è composto da individui di genere maschile. E i dati non sembrano diversi nelle altre scuole del mondo. Come dire che certe teorie sulla parità di genere si scontrano, poi, con una realtà che vuole, come ad esempio nella progressista Norvegia, che l’80% di chi insegna sia composto proprio da donne e il 90% di chi sceglie di fare l’ingegnere sia composto da uomini. Cosa fare? Una cosa è certa: la nostra scuola ha bisogno di un numero maggiore di insegnanti maschili. Ma sono tempi duri nel nostro mondo “fluido”.

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