Non ho dei bei ricordi dei Natali canadesi. Lavoravo fino all’ultimo giorno, 40 anni fa si era costretti a regalare qualcosa anche ai conoscenti (per fortuna non avevo molti parenti a Montréal) e puntualmente arrivava il vero freddo. Se poi eri invitato, verso le due del mattino dovevi tornare a casa e le auto puntualmente non partivano. Ho sempre amato il Natale in Italia: la cena della vigilia a base di pesce e con anguille, insalata di baccalà, rapini e le famose scarpelle molisane, che in dialetto chiamiamo “i scherpelle”. Si chiudeva la giornata con la Messa di mezzanotte (adesso non ci va quasi più nessuno) e la visita al presepe in chiesa. Nei miei Natali italiani c’è anche molto Canada. Lunedì scorso ho comprato l’albero e tra qualche giorno prepareremo il presepe. Io sono un semplice assistente, visto che è mia moglie che….comanda. E non solo….a Natale.
Il lavoro in Italia
Durante la settimana mi ha colpito il titolo di un giornale di centrodestra che diceva: «Il lavoro c’è, la voglia no». E, almeno per me, è difficile capire la situazione. Spesso mi chiedo se in Italia il lavoro ci sia o non ci sia, e più ci penso e meno ne capisco. Però, se vai in giro e parli con il barista, il panettiere, il ristoratore o il meccanico, tutti ti dicono che cercano personale e non lo trovano. Un recente sondaggio rivela che per molti lavori non si riesce a trovare gente. Il giornale di centrodestra insinua, con il suo titolo, che i giovani non vogliono svolgere alcune attività. È un titolo che ha attirato l’attenzione di molti lettori, ma un altro sondaggio della Euromedia Research per il quotidiano ‘La Stampa’ rivela che, secondo il 75% degli intervistati, il salario di base dovrebbe essere di almeno 1.400 euro. E sapete perché? Con meno di questi soldi gli italiani non riescono a pagare le bollette e a farsi curare.
Il tifo di una…volta
In Italia, per chi ama il calcio e quindi è tifoso di una squadra, è difficile seguire il campionato. Fino a qualche anno fa ti abbonavi a Sky e vedevi tutte le partite. Ora devi abbonarti a 4-5 canali diversi per farlo. E molti, come me, non lo fanno. Un po’ per principio, un po’ per non rovinarsi finanziariamente. E allora siamo ritornati indietro di 20-30 anni, quando si andava al bar per vedere le grandi sfide tra le big italiane. Domenica sera era in programma Napoli-Inter. Partita importante per le due squadre. Era importante per il Napoli, che ha dominato il campionato l’anno scorso, per vedere se con il nuovo allenatore poteva recuperare i punti persi con Garcia; ma anche i nerazzurri dovevano provare che non sono in cima della classifica per caso o fortuna. Gli sportivi presenti erano quasi tutti interisti e c’erano pochi napoletani o almeno non si manifestavano. Non sono mancati gli sfottò di una volta durante la partita e c’era una bella atmosfera che allo stadio non esiste più. Adesso i tifosi delle due squadre allo stadio vanno in sezioni separate. Ma il “clou’’ della serata è stato un tifoso juventino. Ogni tanto faceva capolino nella sala e chiedeva ai presenti chi giocava, anche se lo sapeva benissimo. Provocava i presenti che lo conoscevano bene e non era capace di chiamare l’Inter per nome. La chiamava con il suo primo nome, l’Ambrosiana e i suoi sfottò facevano sorridere i tifosi interisti che, soprattutto nel primo tempo, sono stati costretti ad ammirare più il Napoli che la loro squadra del cuore. Poi sapete come è andata finire. Gli unici a brindare, domenica sera, sono stati loro.