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I molisani all’estero | Frank Monaco e Marco Oriunno

In “Altrove – Intellettuali molisani nella diaspora”, il noto studioso degli italiani all’estero, Norberto Lombardi, ci presenta un nucleo di molisani emigrati o discendenti di molisani che si sono distinti in campo umanistico o invece scientifico. Ecco la biografia sintetizzata di due di loro, appartenenti però ad epoche diverse: Frank Monaco e Marco Oriunno.

 

Il fotografo Frank Monaco, nasce a Brooklyn nel 1915, da Franco Rispoli e da Chiarina – originari di Cantalupo – risposatasi quest’ultima, una volta rimasta vedova, con il cugino Giacomo Monaco, anche lui di Cantalupo. Militare a Panama, Frank Monaco è richiamato in guerra nel 1942. Ma, disinnescando una bomba, perde alcune dita della mano destra. Da ex combattente riceve per questo suo infortunio un piccolo vitalizio che gli assicura una certa tranquillità, la quale gli permette di riorientarsi nella vita civile. Riprende gli studi in America, poi nel 1950 va a Roma per seguire dei corsi d’arte. È un periodo, per lui, di intense esplorazioni culturali e di arricchimenti spirituali. Diviene fotografo. La sua sensibilità lo porta a dirigere il suo obiettivo verso il mondo della gente semplice, dei poveri, degli emigranti. Ecco una sua descrizione della partenza degli emigranti:

 

“Una volta, al porto di Napoli, ho assistito alla partenza di una nave carica di emigranti. Fu uno spettacolo intenso e toccante, di cui ancora oggi non riesco a parlare senza emozione. Mentre si svolgevano i preparativi della partenza, si incrociavano i richiami e le voci rotte dal pianto tra coloro che erano affacciati al ponte della nave e gli amici che erano sul molo. Quando la nave lentamente si avviò, le grida divennero più alte ed acute. ‘Addio mamma… Addio Italia…’ Continuarono a chiamarsi e a salutarsi con le braccia e con i fazzoletti finché non fu più possibile distinguere il volto dei conoscenti. Solo allora la piccola folla che era sul molo si mosse, gli uomini con la testa bassa, e le donne ancora piangendo”. Nel 1955 si trasferisce a Londra, poi negli Stati Uniti, quindi per anni è in giro per l’Europa. Frequenti sono i suoi ritorni nell’amato Molise.  I suoi servizi fotografici sono acquistati da importanti testate. In seguito, parte da Napoli nel 1965 e gira mezzo mondo, scoprendo l’India, dove rimane affascinato dalla spiritualità di una cultura che è in assonanza con la sua “ricerca interiore e al dialogo con Dio”.

 

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Il ricercatore Marco Oriunno, nato a Campobasso, laureatosi in ingegneria aerospaziale all’Università di Pisa (Ph.D.), è divenuto cittadino americano. Dotato di spirito avventuroso, ha viaggiato molto, cimentandosi inoltre in attività ricreative e sportive non da poco: è un appassionato di volo, è anche istruttore nazionale di immersione subacquea ad aria e miscele. È un poliglotta: “Al lavoro parlo in inglese, a casa in francese e con gli amici di sempre in italiano”.  Il suo internazionalismo ha di molto indebolito il suo legame con il Molise. Ci spiega: “Ma l’effetto inatteso dell’andare via è stato quello di diluire ulteriormente la mia identità locale e di proiettarla in quella nazionale. (…) Nel mio caso particolare ad un certo punto ho sentito il bisogno di fare la scelta ancora più estrema di svincolarmi dal nucleo italiano, che era certo protettivo ma che mi stava stretto, e diluirmi nella comunità internazionale, per lo più di lingua francese”. Oriunno è riuscito insomma a trascendere le identità e culture particolari. Ma – preciso io – occorre che queste identità esistano, perché in fondo la particolare identità di partenza ha contribuito enormemente a renderci ciò che noi oggi siamo, qualunque sia stato il nostro approdo. Oso dire che per Oriunno, oltre che la sua nascita a Campobasso, sono state la maturità al liceo classico Mario Pagano di Campobasso e la laurea all’università di Pisa ad avergli fornito la pedana per il suo volo verso l’alto. L’internazionalismo, se sprovvisto di un iniziale radicamento che ci nutra e ci orienti, somiglia pericolosamente ad un disincarnato e indifferenziato cosmopolitismo utilitario in un supermercato mondiale di merci e di uomini.

 

Concludo congratulandomi, da jelsese onorario, che fonti prestigiose, tra cui anche il New York Times, hanno parlato di recente dello “sconosciuto” Molise come di un magnifico angolo di terra italiano che natura, architettura e lo spirito d’accoglienza rendono fortemente interessante per il viaggiatore straniero.

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