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Gli italiani e le regole | Un rapporto non facile

L’Italia straripa di regole. Ma pochi le rispettano. In paesi come la Germania, il Giappone o lo stesso Canada, il rispetto delle regole è invece la norma, o quasi la norma. Per la forma mentis italiana il rispetto della regola, prescrizione, interdizione passa attraverso l’esame critico preliminare del vantaggio-svantaggio, che la stessa comporta per chi vi è sottoposto. Solo il calcolo del rischio e la paura della sanzione incitano al rispetto della prescrizione. Cui si aggiunge anche un ipocrita giudizio sul carattere logico o illogico, giusto o ingiusto, opportuno o inopportuno del divieto. “L’obbedire agli ordini” sembra evocare nella penisola, per certuni, i drammi e gli eccessi della Seconda guerra mondiale.

 

In mancanza di un controllo costante e di una pronta sanzione, le regole non verranno rispettate da chi ogni volta soppesa e valuta l’obbligo, stimando in molti casi che sarebbe da fessi rispettarlo.

 

Da qui l’importanza che avrebbe in Italia un pronto intervento sanzionatorio da parte dei preposti al rispetto delle norme; i quali, invece, al posto di controllare e sanzionare camminano con passo stracco e chiacchierano beatamente tra di loro. L’esempio dei vigili conferma questa mia cruda diagnosi sui nostri preposti ai controlli che in realtà controllano assai poco.

Ed ecco un episodio, realmente accaduto, in Germania, che dice molto sull’obbedienza automatica alle prescrizioni.

 

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“Dai, attraversiamo la strada! Non pensi che sia stupido aspettare che il semaforo diventi verde per noi pedoni? Di auto non se ne vede nessuna in giro…”. Furono le parole rivolte da un mio amico, residente da anni in Germania, alla propria compagna tedesca, rispettosa, lei, di regole e interdizioni. Quindi lui, impaziente, attraversò la strada. La compagna invece rimase, esitante, sul marciapiede. Fu solo dopo che il semaforo si mise al verde ch’essa raggiunse il compagno sul marciapiede opposto. E questi allora sbottò: “Ma perché voi tedeschi obbedite ciecamente ad ogni interdizione senza mai chiedervi se, date le circostanze, sia veramente logico ed opportuno farlo?”. La sua compagna sulle prime non seppe cosa rispondergli. Addusse che non bisognava dare il cattivo esempio ai bambini… E l’altro: “Ma dove li hai visti tu questi bambini? I bambini non c’entrano, perché tu rispetti le interdizioni, anche le più stupide, senza l’ombra di un bambino nei dintorni. E allora?”. La compagna tedesca rimase perplessa. Cercò all’istante delle ragioni più convincenti. Ma non riuscì a trovarle o forse fu incapace di esprimerle. Ma infine diede questa ragione: “Se dovessi valutare le circostanze ogni volta per poi decidere se rispettare o no le regole, mi verrebbero i dolori di testa. Aderendo, anch’io, ogni volta, senza pensarci due volte, alle norme stabilite per tutti so, se non altro, di rendermi la vita molto più facile”.

 

Questo episodio spiega il vantaggio dell’automatismo “alla tedesca”, ossia del rispetto istintivo di proibizioni, interdizioni, prescrizioni, regole, senza porsi troppe domande. Vantaggio innegabile rispetto al teorico sforzo mentale che gli italiani compiono di fronte alla regola impositiva. Infatti, ogni volta si chiedono: “Vale la pena rispettare questa regola? Conviene? È logico?”. Ho detto “sforzo mentale” ma in realtà nell’italiano tipico il calcolo fatto sulla regola spicciola da ignorare o da rispettare è rapidissimo; è un automatismo: vedi il rigetto, in auto, da parte di molti, specie nel Sud, della cintura di sicurezza che rimane non allacciata. Vedi anche le violazioni sistematiche dei limiti di velocità in città e altrove. Ma vedi anche il saggio non rispetto del segnale di stop, che se venisse rispettato automaticamente, ogni volta, come si fa in Canada, provocherebbe tamponamenti a catena.

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