Il tipico italiano non sa attendere pazientemente in fila, e cerca di scavalcare non appena può la coda. A spingerlo a contestare, a rifiutare, ad aggirare una regola è in genere la sua morale spicciola di individuo molto attento all’utile particolare; e quindi ciò che lo svantaggia gli appare ingiusto.
La spinta alla disobbedienza è talvolta sollecitata anche dal senso di fedeltà al gruppo cui egli appartiene: clan, movimento politico, parrocchia, congrega, centro d’interessi o di potere, la fazione insomma. In soldoni: ciò che svantaggia il suo gruppo è considerato da lui ingiusto. Da ciò anche la tendenza, da parte di molti italiani, a classificare i comportamenti e gli atti, in politica, secondo la distinzione “destra/sinistra”, e quindi ad approvarli o disapprovarli a prescindere dalla sostanza delle cose. L’ideologia, anzi l’ideologismo, fa parte del Dna degli italiani, uomini di parte.
La passione per una giustizia “rivoluzionaria” incita alla disobbedienza nei confronti delle norme che emanano da un sistema giudicato reazionario, borghese o addirittura “fascista”, e quindi profondamento ingiusto. Un sistema, quindi, da abbattere. Le Brigate Rosse hanno agito secondo questa logica.
In sintesi: l’individualismo anarchico, il culto dell’utile particolare, il moralismo à gogo che ci deriva dal cattolicesimo e l’asservimento all’ideologia sono i pilastri di questa nostra istintiva disobbedienza civile “all’italiana”, così diversa da quella di Gandhi. Il quale, gran nazionalista, e mazziniano convinto, si batteva per la sua Nazione. Noi combattiamo contro la nostra Nazione, in nome degli odi civili: vedi il vero e proprio odio che anima l’opposizione contro il governo Meloni, presentato come un covo di nazifascisti.
Duole ugualmente constatare che i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza vengono ignorati da gran parte della stampa italiana, sia di destra che di sinistra. Anche questo avviene, secondo me, per considerazioni di carattere ideologico, ossia a causa dello storico ruolo di vittime attribuito agli ebrei; il che, appunto, spinge molti a solidarizzare con Israele. Ruolo, però, tradito da Netanyahu e compagnia, come appare chiaro a chi non chiuda gli occhi di fronte allo scempio operato a Gaza dalle forze armate israeliane.
Ma torniamo all’indisciplina italiana. Molte delle aberrazioni nell’Italia di oggi sono dovute proprio alla mancanza di un rispetto elementare delle regole, giuste o ingiuste ch’esse siano. Immaginiamo cosa sarebbe il gioco del calcio se non ci fossero le regole. Ebbene, l’Italia somiglia sempre più ad un enorme campo di calcio in cui i giocatori non aderiscono alle medesime regole.
Stranamente, questo popolo votato all’indisciplina e all’anarchia accetta passivamente, da sempre, le aberrazioni di una burocrazia demenziale. Nessuno osa opporsi, in Italia, ai valori bollati, alle pratiche automobilistiche, alle denunce di smarrimento, agli orari balordi degli uffici pubblici, alla letargia del sistema giudiziario, all’ottusità dei “civil servant”, e alle perversioni e oscenità del sistema burocratico. Il quale, paradossalmente, è il vero collante che tiene insieme il Paese. Infatti, le infinite esigenze burocratiche sono per gli italiani: un “atto dovuto”. E per la sua universalità – tutti vi sono sottoposti – l’atto dovuto funge da denominatore nazionale unitario in un paese dalle mille divisioni e appartenenze e dalla diffusa illegalità. Per il “sistema Italia” e i suoi sudditi gli infiniti obblighi burocratici sono una sorta di bandiera unitaria. Una bandiera di cui è difficile, però, essere fieri.