Per sfortunate circostanze, io, italiano all’estero, ho dovuto saggiare la logica burocratica dello Stivale: infiniti obblighi amministrativi con intralci e pastoie, ricorsi, controricorsi, slittamenti, rimpalli di competenza, errori, scomparsa di fascicoli, cambiamento di regole… Il tutto in nome della legalità formale in un paese dove vi è un’estesissima illegalità di fatto.
Poi, quando esaminerete i documenti finali partoriti dagli addetti ai lavori di questi demenziali gironi burocratici, sarete colpiti dagli errori che tali documenti spesso contengono. Oso dire che è abbastanza raro trovare un atto ufficiale riguardante il cittadino che non contenga almeno un errore. A me, in un paio di documenti, sempre in relazione alla stessa pratica, hanno sbagliato la grafia del mio cognome e anche quella del mio luogo di nascita. Ma sono errori indipendenti, creativi, e quindi non sempre ripetitivi. Ogni volta, insomma, ce n’è uno nuovo. Forse è anche questo un esempio, in questi tempi tristi di crisi, di creatività all’italiana.
Ho una modesta proposta linguistica in materia di burocrazia: la creazione di un neologismo. In italiano manca un termine specifico che ne designi gli eccessi. Gli inglesi hanno “red tape” per indicare la burocrazia farraginosa e perversa. I francesi ricorrono a “paperasse” e “paperasserie” per designare le lungaggini, i labirinti burocratici delle scartoffie e della modulistica. Dovremmo anche noi distinguere semanticamente la burocrazia normale dalla degenerazione di essa: l’attuale burocrazia.
Le parole sono talvolta ambigue. Esiste, infatti, l’amore dei pedofili per le loro giovani vittime, un tempo designato come pederastia termine ormai abbandonato, ed esiste l’amore di mamma e papà per i figlioli. C’è amore e amore, insomma. E c’è burocrazia e burocrazia. In Francia i burocrati dell’ENAP (École Nationale d’Administration Publique) costituiscono un’élite che gode di grande prestigio. Così anche in altri paesi, vedi la Svizzera o l’Austria, i burocrati non sono dei burocrati all’italiana ma sono amministratori della cosa pubblica, piccoli o grandi che siano, con tutti gli onori, ma anche gli oneri che ciò comporta.
Si dovrebbe quindi trovare un termine ad hoc per identificare, in campo burocratico, l’equivalente della pedofilia, del sadismo e della necrofilia. Oggi abbiamo il termine “fascismo” per designare ogni bruttura politica che veda il giorno. Cerchiamo allora di trovare un termine appropriato che designi il cancro burocratico inflittoci dai burocrati del “red tape” e della “paperasserie”; i quali, trincerati nella loro Bastiglia, si sollazzano a nostre spese grazie al posto fisso, con la complicità della modulistica e dei fascicoli che accumulano polvere.
Compero della frutta in una rivendita. Mi accartocciano il tutto e mi danno lo scontrino. Anzi me ne danno due. Pago distrattamente. Appena allontanatomi, mi viene il dubbio. Perché due scontrini? Li verifico: indicano un’identica somma. Ho forse pagato due volte per la stessa merce? Mi sorge il dubbio. Ritorno dal fruttivendolo, che chiarisce: uno è lo scontrino fiscale, l’altro è quello di cassa. Rimango interdetto, continuo a non capire. Ho infatti il sospetto che il fruttivendolo mi abbia fatto pagare il totale dei due, cioè il doppio. Ma è troppo tardi per protestare.
Negli hotel, quando si salda, la domanda che ogni volta si riceve è: vuole la ricevuta fiscale? Ogni volta mi propongo di chiedere il perché di questa domanda, dato che voglio semplicemente una ricevuta. Che infatti mi danno. Una bella ricevuta in cui non manca niente. Ma non è la ricevuta fiscale. Vacci a capire…
Gli italiani trovano del tutto normale questo bizantinismo, tipico di un sistema burocratico di cui sono da tempo schiavi e di cui molti non avvertono più, né le catene, né la palla al piede.