Il previsto incontro, a Toronto, tra Giorgia Meloni in visita ufficiale in Canada, e i rappresentanti delle nostre associazioni e gli esponenti della cultura e degli affari della Comunità italo-canadese, è stato annullato all’ultimo istante, a causa di gruppi di manifestanti, scandenti slogan pro-Palestina, che ostruivano in gran parte l’accesso all’“Art Gallery of Ontario”, dove doveva svolgersi l’evento. E nel cui interno, data l’ora, vi erano già diversi ospiti, in attesa degli altri invitati e soprattutto dell’arrivo di Giorgia Meloni e di Justin Trudeau.
Ma Trudeau ha annullato l’evento quasi già cominciato. Pare che abbia agito su consiglio della RCMP (per i ‘bambinoni’ del Bel Paese: “Giubbe Rosse”), ma non della Polizia di Toronto, convinta invece di aver il controllo della situazione. La manifestazione, dopo tutto, non presentava aspetti minacciosi.
La precipitosa decisione di Justin Trudeau ha stupito un po’ tutti, anche perché gli agenti di polizia non avevano fatto alcun serio tentativo di interagire con i dimostranti, se necessario anche con un certo vigore, per permettere agli ospiti in arrivo l’accesso all’“Art Gallery of Ontario”. Inoltre, come non aver previsto, data la centralità del luogo prescelto per l’avvenimento, il rischio di una dimostrazione di disturbo?
Il comportamento di Trudeau ha offeso l’Italia, e ha profondamente deluso noi, membri della Comunità italiana di questo Paese, e ha sminuito lo stesso Canada (che gode d’illimitato credito in Italia) per la maniera maldestra e persino poco seria in cui è stata affrontata una difficoltà prevedibile e sormontabile.
Forse è la concezione particolare che Justin Trudeau ha del multiculturalismo a darci una spiegazione di certi suoi comportamenti. Se Trudeau si considerasse innanzitutto, come dovrebbe, l’esponente supremo di uno Stato-Nazione, prima di considerarsi il sovrintendente del multiculturalismo (che l’ha avuta vinta, a Toronto, con slogan, urla e cartelli), avvertirebbe l’offesa che questo suo tirarsi indietro, in una situazione per nulla drammatica o pericolosa, ha arrecato alla sua ospite italiana e a noi immigrati, ed ha arrecato anche al Canada, stato unitario e sovrano; in cui le diatribe e i conflitti importati dall’estero dovrebbero rimanere in secondo piano rispetto agli obblighi che lo Stato-Nazione impone al suo supremo rappresentante.
Ma ancora una volta il Canada di Trudeau ha voluto essere un Paese transnazionale. Di fronte al conflitto in atto tra i sostenitori d’Israele e i sostenitori della Palestina araba, il primo ministro canadese ha rimangiato frettolosamente l’impegno assunto con la rappresentante dell’Italia e con la Comunità italo-canadese, dando in tal modo prova di faciloneria.
È divenuto uno strano Paese il Canada perché pericolosamente carente di spirito unitario. Che si pensi a personaggi, al governo e in Parlamento, che ostentano orgogliosamente i contrassegni nazional-religiosi di una stirpe guerriera che rivendica la creazione dello stato sovrano del Khalistan. Inoltre, Trudeau, la prima volta che incontrò Giorgia Meloni, le rivolse a muso duro l’accusa di rappresentare un governo considerato da lui pericoloso per la comunità Lgbtq+; la quale, nel multiculturalismo canadese, ormai si appaia alle varie comunità distinte tra loro per origine nazionale. Essa è un’altra tessera, insomma, del virtuoso mosaico.
Il gran pericolo del Canada è di trasformarsi in un contenitore di nazionalismi importati. Che quell’incontro a Toronto con Giorgia Meloni, da noi tanto atteso, sia stato impedito dalla prepotenza dei sostenitori di una causa internazionale estranea a quell’evento è un rivelatore del carattere caleidoscopico dell’identità del Paese in cui viviamo.
L’aver messo nel dimenticatoio il dualismo canadese, architrave storico dell’identità di un popolo “a mari usque ad mare”, non potrà che risvegliare il progetto separatista, o comunque incrementare una certa separazione del Québec, già esistente de facto.