2ª parte
Il simbolo di Giano è molto complesso e corrisponde ad uno dei miti più antichi del pantheon romano. Infatti, il Dio bifronte simboleggia una doppia funzione: quella di Sovrano del tempo, signore del “cominciamento”, elemento primario in riferimento alla Porta che apre e chiude l’anno, e quella di Guardiano della Soglia. I due attributi sembrano equivalersi, ma non è così. Mentre il primo lo riconosce “Portinaio del tempo” tra passato e futuro, il secondo, “Guardiano della Soglia”, lo riconosce Custode che protegge e veglia. Molti sono i simboli che si associano a questa funzione: leggendari draghi che vegliano su misteriosi Velli d’oro, o a protezione di qualcosa precluso ai profani. Oppure guardiani di luoghi misteriosi; muse o fate tutelari di altrettante misteriose fonti o Cerberi a guardia di ingressi infernali. Il “Guardiano” presiede sempre ad un accesso o a una prova. Finanche il cristiano Angelo custode, “Janitor” delle nostre coscienze, è un residuo dell’antico “Guardiano della soglia”. Altro attributo del “Guardiano” è quello di presiedere e vagliare i percorsi iniziatici. Nella sua prova, l’Eroe è sempre soggetto al “Guardiano della Soglia”; colui che alla fine vaglia l’ “l’accesso” alla riuscita (dodici fatiche di Ercole, simbolico percorso iniziatico). Ho già accennato che, oltre ai due volti, Giano ne cela un terzo invisibile, “il triplice volto”, quello del presente che è, ma che non può esser visto né rappresentato; poiché l’attimo di contemplarlo già appartiene al passato. Ecco come René Guénon spiega il terzo volto occulto di Giano. “Un volto sfuggente tra il passato che non è più e il futuro che non è ancora. Il vero volto di Giano, quello vero, è proprio quello invisibile che guarda il presente; non è, si dice, né l’uno né l’altro dei due visibili (passato e futuro); il terzo volto di Giano è invisibile, perché il presente, nella manifestazione temporale, non è che un istante inafferrabile, ma quanto vero.” Cicerone e Macrobio sostengono che il suo nome derivi dal verbo “ire”, andare, perché, come scrive il secondo: “…il mondo va sempre muovendosi in cerchio: parte da sé stesso e a sé stesso ritorna”. Ritorno al tempo impercepibile, atemporale e aspaziale, ma vero e generatore. È la dottrina dell’eterno ritorno a cui si riferiscono Eliade e Guénon.
Nelle poche raffigurazioni giunte fino a noi, però, tanto comuni nella Roma antica, Giano è sempre raffigurato con due facce o, più raramente, con quattro. Se la sua natura “bifronte” lo rendeva capace di guardare allo stesso tempo al passato e al futuro, perché allora rappresentarlo anche con quattro volti? Semplice: sovrano del tempo, oltre al passato e futuro, i due volti ricordano i due solstizi, mentre i quattro volti, le quattro stagioni; il Tempo nella sua totalità. Intorno all’850, i due solstizi legati a Giano Bifronte furono interpretati in chiave cristiana e le due date vennero cristianizzate e furono dedicate ai due S. Giovanni: all’Evangelista, il solstizio d’Inverno, e S. Giovanni Battista, il solstizio d’Estate (nuovi guardiani delle porte solstiziali che sostituirono Giano!). Ma vi è di più: gli antichi Auspicia interpretavano la curiosa fisionomia del dio (doppio volto) nelle sue capacità di integrare e unire gli opposti: fuoco e aria, acqua e terra; ogni opposto, nella creazione del mondo. Qui Giano è l’antico e misterioso nume, Ianus Pater deorum deus, “colui che plasmava e governava ogni cosa”. Ma il simbolo e i valori rappresentati dal dio Giano avevano anche una corrispondenza materiale nella sua funzione di “Guardiano della Porta”, delle porte e dei passaggi. La sua effigie dominava moltissimi archi della città. In suo onore venivano costruiti numerosi templi che però, stranamente, rimanevano chiusi. L’apertura delle porte del suo tempio nel Foro romano voleva dire una sola cosa: guerra! Perché questa curiosa pratica religiosa? All’epoca della guerra contro i Sabini, mentre i romani erano impegnati a respingere i nemici che minacciavano le porte della città, dal tempio del dio irruppe improvvisamente un torrente d’acqua violentissima, che spazzò via la minaccia risucchiando l’esercito sabino. Da allora, ogni volta che una nuova guerra tornava a minacciare la città, le porte del tempio restavano spalancate per far sì che la divinità potesse intervenire in caso di bisogno, per poi chiuderle in tempo di pace. Malgrado il sincretismo religioso, tenacemente perseguito, di Giano la Chiesa ha conservato alcuni attributi: tra cui le chiavi che aprivano e chiudevano le porte dell’anno, simboleggiando il trapasso tra fine e principio, che sono diventate attributo di S. Pietro, “Janitor” delle Porte del Paradiso. Persino S. Agostino, ne “La città di Dio”, parla di Giano quale antica divinità custode dei “passaggi”, terreni e ultraterreni, materiali e immateriali. Da simbolo esoterico dei “grandi e piccoli misteri” governati dal misterioso dio Giano, le due chiavi, l’argentea e la dorata, sono diventate attributi di S. Pietro, Guardiano della Porta del Paradiso.