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Donne in prima fila

Sono sinceramente dispiaciuto che il mio articolo “Femminicidi e violenze fatte alle donne” (29-11-2023) abbia offeso i sentimenti di alcune mie lettrici. Faccio quindi ammenda del torto causato loro da questo mio scritto, in cui evidentemente mi sono male espresso, perché in realtà io rispetto ed anzi onoro le donne, come dimostrano tanti miei scritti.  Ecco alcuni stralci di miei scritti del passato, molto eloquenti circa il mio sentire nei confronti della donna.

 

Un murale per non dimenticare le nostre “donne d’acciaio”

Il sacrificio di queste lavoratrici è stato grande anche perché il lavoro in fabbrica non le esentava, una volta rientrate, dai lavori domestici e dalle altre responsabilità familiari. A ciò si aggiungeva il disagio di trovarsi in un paese nuovo, in un ambiente nuovo, alle prese con una lingua nuova, in una cerchia famigliare spesso fortemente patriarcale. (…) Sappiamo che in quelle manifatture, quasi tutte di proprietà di ebrei, non erano rari i casi di dipendenti femminili che dovevano lottare per affermare la propria dignità nei confronti dei preposti. Il lavoro a cottimo voleva dire, inoltre, un superlavoro. 

 

Dal Molise al Canada. La Jelsi di Montréal

Flora Jouvencel mai dimentica l’importante ruolo delle donne in questa trasmigrazione. Se a partire sono soprattutto gli uomini su chi rimane – e a rimanere sono le donne: spose e madri – incombono compiti assai impegnativi e anche decisivi per la buona riuscita dell’avventura oltreconfine.

 

Un raffronto Canada-Italia
Un po’ sconcerta il disinteresse quasi totale che [in Canada] gli organi d’informazione dimostrano per certi fatti di cronaca nera rivelatori talvolta di disagi e problemi collettivi. Che si pensi al silenzio dei giornalisti, dei politici e del governo sulle violenze subite dalle donne aborigene – erano qualche migliaio – che misteriosamente scomparivano, o anche su altri episodi di grande violenza di cui, dopo un primo breve annuncio, non si sente più nulla.

 

La sconcia Battuta di Calderoli
Ribrezzo, sconcerto e turbamento: questi i sentimenti in me suscitati dal caso Calderoli, il parlamentare leghista che ha insultato la ministra italiana nata in Africa e di pelle nera chiamata da lui ‘orango’” (…) Per provare un profondo disagio e una forte vergogna a me basta pensare a Michaëlle Jean, Governatore Generale del Canada dal 2005 al 2010. Questa straordinaria canadese-haitiana, innamorata dell’Italia, è stata una propagandista della generosità e umanità degli italiani. Ma bersaglio anche lei, perché di pelle nera, dell’insulto animalesco di Calderoli, vicepresidente del senato italiano.

 

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La resistenza di destra e di sinistra ai femminili “professionali”
Sgarbi, qualche tempo fa, ha preso pesantemente in giro la ‘Boldrina’ (Laura Boldrini) perché questa si batte affinché gli italiani usino il femminile di certi sostantivi: i ‘femminili professionali’. Sgarbi: ‘Ministra e sindaca? Cara Presidenta Boldrina, sei una zucca vuota!’ E ancora, sempre riferendosi alla Boldrini: ‘Rappresenta l’ignoranza italiana, si dimetta’.  Strano che una persona colta come Sgarbi esibisca la sua stupida avversione ad adottare il femminile, quando invece sarebbe molto logico usarlo. Ma alle caste orecchie di molti orecchianti italiani, tra cui vi è non solo Sgarbi ma anche l’ex presidente Napolitano, espressosi perentoriamente anche lui contro ‘ministra’ e ‘sindaca’, questa ‘a’ finale reca un suono tremendamente sgradevole.

 

L’Islam e la “soppressione della donna”
Come spiegare l’aspro carattere maschio e guerriero del mondo islamico? Forse è spiegabile con la ‘soppressione della donna’ attuata in quella civiltà. È quanto ci dice Luigi Barzini: ‘Non esiste la donna nella società musulmana; l’harem l’ha segregata, cioè radiata; la vista del suo volto è stata decretata pericolo sociale (…). La segregazione che trasformò la donna in una proprietà invisibile, in una cosa umile e vile che ha un padrone, ha sottratto gli uomini a una gentile e soave influenza, li ha privati di ogni raffinatezza di sentire, ha tolto loro il palpito della compassione, la dolcezza del perdono, lo slancio della generosità, il senso di una bontà serena, tutti quei sentimenti che la donna insegna senza insegnare vivendo nella stessa vita dell’uomo, essa che è sempre pronta a chiedere grazia per chi soffre.

 

Conclusione: “raffinatezza di sentire”, “palpito della compassione”, “slancio della generosità”, “senso di una bontà serena”…, sentimenti oggi non molto diffusi, che mia madre infuse in me, bambino, nonostante fossi un maschio. Sentimenti che mi hanno handicappato nella vita pratica causando una mancanza cronica in me di calcolo opportunistico e di esibizionismo; doti di cui invece gli italiani, uomini e donne, sono in genere superdotati. Mia madre, nativa dell’Istria, fucina di italianità, mi ha anche trasmesso un forte sentimento nazionale, con il rispetto della dignità collettiva e una conseguente sentita solidarietà per gli altri italiani, uomini e donne, senza distinzioni.

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