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Couillard si difende, Legault non convince, brilla Lisée

QUÉBEC AL VOTO Lunedì 1º ottobre

Montréal – Tra i due litiganti, il terzo gode. Il vecchio adagio calza a pennello per descrivere la situazione politica provinciale, all’indomani del primo dibattito-tv (andato in onda su Radio-Canada, il prossimo sarà di scena giovedì 20 settembre su LNC, dopo il confronto in inglese di lunedì su CBC, Global e CTV News) che ha visto Philippe Couillard (PLQ) e François Legault (CAQ) in affanno e sotto attacco (il primo perché Primo Ministro, il secondo perché ‘battistrada’ nei sondaggi), sopraffatti da un Jean-François Lisée (PQ) tonico e rassicurante (al netto del referendum sull’indipendenza per un eventuale secondo mandato), con la stessa Manon Massé (Québec solidaire) in grado di reggere il confronto con uno spirito battagliero e autentico, salvo poi perdersi in promesse da ‘Paese dei Balocchi’ (come la gratuità scolastica fino all’Università). Legault parte bene, mettendo Couillard con le spalle al muro su un tema sensibile e spinoso come la sanità: “Il 59% dei quebecchesi –attacca – non riesce a farsi visitare dal medico di famiglia il giorno stesso, o l’indomani”. Poi il primo autogol: “Ridurrò i tempi di attesa al Pronto soccorso a massimo 90 minuti”. Cioè l’85% in meno rispetto alla media attuale. Senza spiegare, peraltro, con quali coperture finanziarie. Inoltre, pur concedendo più “potere” (di prescrizione) a farmacisti e infermieri, la missione nasce già perdente in partenza: ci vogliono anni per cambiare un sistema sanitario “malato”. D’altro canto, la ricetta del Ministro liberale Gaétan Barrette sulle supercliniche non ha convinto. Per non parlare degli aumenti di stipendio a vantaggio dei medici specialisti, giudicati come un “affronto” dai pazienti, spesso abbandonati al loro destino. Controproducenti, anche se realistici, i continui paragoni di Legault al modello dell’Ontario: “I nostri medici guadagnano il 40% in meno”. Ergendosi a paladino del capitalismo (come se i soldi fossero la soluzione di tutti i problemi). E qui la prima stoccata di Lisée: “Non è il Primo Ministro Doug Ford a decidere le politiche del Québec”. Un pizzico demagogico e populista (il Québec è pur sempre una Provincia di uno stato federale), ma utile a rinfocolare l’orgoglio quebecchese. E poi l’attacco a Couillard: “Abbandonando i più vulnerabili, il governo non ha mai mostrato la minima compassione per la sua gente”.  Ancora Legault sull’istruzione: “Tutti i bambini di 4 anni negli asili nido (classes de maternelle) o nei Centri di Piccola Infanzia (CPE)”. Ma Couillard gli ricorda che aprire gli asili anche ai bambini di 4 anni comporterebbe  costi insostenibili. I toni salgono quando il dibattito si sposta sul tema dell’immigrazione/identità nationale: Legault è apparso nervoso e approssimativo, quando gli interlocutori lo hanno attaccato sul test dei valori e sull’esame di francese: in caso di fallimento, dopo 3 anni c’è l’espulsione. “Fai paura alla gente”, lo aggredisce Couillard. Ma Legault tuona: “Smettila di darci lezioni”. Chiedendogli, invano, di scusarsi dopo che un suo candidato, Mohammed Barhone, ha accusato la CAQ di voler fare una “pulizia dell’immigrazione”. Anche Manon Massè ha il suo momento di gloria quando il dibattito si sposta sul salario minimo: “In che mondo vivete? – incalza i suoi avversari – : oggi un milione di quebecchesi vive col salario minimo: domani mattina, non fra chissà quanti anni, bisogna passare da 12 a 15 $ all’ora!”. (V.G.)

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